Il Rajah di Bitor
racconto commentato e illustrato


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«E’ vero, rajah, che ti hanno gettato il mal'occhio?» chiese il fanatico quando si trovò in presenza del principe.
«Sì» rispose Ratna-Karing «e nessuna donna del mio regno è stata capace di levarmelo. Se tu sei capace di guarirmi io ti darò il più bel cavallo che si trova nelle mie scuderie e la casa più ampia che vi sarà nella mia capitale. »
Il ramanandy teneva in mano un mazzo dì foglie secche con dentro della cenere che quei santoni sogliono distribuire, con aria misteriosa, a tutte le persone che ne fanno richiesta.
Si fece portare un bicchiere d'acqua, vi gettò dentro un pizzico di quella polvere, poi quando il liquido divenne torbido si mise a osservarlo con grande serietà come se ci vedesse qualche cosa.
«Colui che ti ha gettato il mal'occhio è stato un uomo che appartiene alla razza bianca» disse finalmente. «Se vuoi guarire, tu devi farti passare dinanzi al viso per tre volte un bacino che contenga del sangue appartenente ad una fanciulla che abbia la pelle bianca 11».
«Non ve ne sono nel mio regno e poi tu sai che gl’inglesi non ischerzano quando si tratta di toccare le loro donne.»
«Non hai altro mezzo di guarire» rispose seccamente il ramanandy.
«Dimmi, dove potrei trovare quella fanciulla?»
«Io la andrò a prendere se tu mi darai un compagno, il più vecchio della tua tribù, e mi regalerai inoltre un sacco di rupie12
«Tu avrai tutto quello che vorrai. Dove si trova quella fanciulla?»
«Alla base di questa montagna. Domani mattina partirò.»
«Il più vecchio dei miei sudditi sarà pronto.»
Dodici ore dopo il ramanandy lasciava la capitale di Bitor e scendeva la montagna portando con sé un sítar13, la chitarra degl'indiani, colle corde di seta e che ha un suono dolcissimo, simile a quello dei nostri violini.
Lo seguiva il più vecchio suddito del rajah, un uomo magro come un chiodo, tutto rugoso, con una lunga barba bianca. Camminarono tutto il giorno, scendendo le balze della immensa montagna e verso sera si arrestarono dinanzi ad una di quelle belle palazzine chiamate bengalow14, che sono abitate dai coloni inglesi.
«E’ qui che abita la fanciulla dalla pelle bianca il cui sangue guarirà il mio signore? » chiese il vecchio.
«Sì» rispose il ramanandy mentre un lampo truce balenava nei suoi sguardi.
«Che cosa devo fare io?»
«Nient'altro che startene seduto ai miei fianchi.»
Il bengalow era circondato da un muricciuolo che difendeva il giardinetto situato dinanzi alla facciata principale. Al di là si udivano delle risa argentine e stridere la ghiaia dei viali.




11 Torna suSi tratta del metodo contro il malocchio descritto sopra, con la variante del sangue al posto dell’acqua colorata di rosso.

12 Torna suUnità monetaria dell’India. Nella edizione de “I misteri della jungla nera” del 1895 una nota di Salgari riporta: “Una rupia vale 83,33 lire”. Al cambio attuale una Rupia Indiana vale 0.0194 Euro, cioè 37,56 delle vecchie lire.

13 Torna su Strumento musicale indiano a corde, simile a un lungo liuto, con il manico lungo e adorno di greche. La cassa armonica è ricavata da una zucca svuotata; ha 6 o 7 corde principali e 11 o 13 corde di risonanza.

14 Torna su Tipica costruzione a veranda, generalmente in legno, utilizzata dagli Inglesi nelle Indie. La grafia bengalow è frequente negli scrittori di viaggio francesi. Il vocabolo inglese deriva dalla voce Banglà cioè Bengalese, qui utilizzato nel senso di “abitazione del Bengala”





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