Una sfida al polo

Salgari e il mito moderno dell’automobile



Alla fase finale della produzione salgariana (quella generalmente meno apprezzata dalla critica, ma non sempre a ragione) appartiene Una sfida al Polo, pubblicato dall’editore Bemporad di Firenze (l’ultimo degli editori “storici” di Salgari) nel 1909, lo stesso anno in cui apparvero (tutti per Bemporad) anche il primo romanzo del “ciclo delle Bermude” (I corsari delle Bermude), il secondo del “ciclo del Far-West” (La scotennatrice) e l’“anomalo” La bohéme italiana (già scritto, però, parecchi anni prima, ispirato al romanzo di Mürger e all’opera di Puccini e, in larga parte, autobiografico).

Insieme ad Al Polo Australe in velocipede (Torino, Paravia, 1895) e Al Polo Nord (Genova, Donath, 1898), Una sfida al Polo fa parte di una sorta di “ciclo” salgariano ispirato al tema delle esplorazioni nei Poli, l’Artico e l’Antartico. Non si tratta, comunque, di un “ciclo” propriamente detto (del tipo di quelli dei “pirati della Malesia” o “dei corsari delle Antille”), essendo ogni romanzo indipendente dagli altri, pur nella comune tematica e nelle tipiche situazioni che in essi si ripetono assai di frequente, né i tre romanzi citati rappresentano l’intera produzione salgariana relativa ai temi del Polo, delle scoperte, della vita fra i ghiacci.[1] A questo gruppo possono infatti variamente ricollegarsi anche I pescatori di balene (Milano, Treves, 1894) e Nel paese dei ghiacci (Torino, Paravia, 1896, che in realtà consta di due racconti lunghi, intitolati rispettivamente I naufraghi dello Spitzberg e I cacciatori di foche della Baia di Baffin), nonché innumerevoli racconti, più o meno ampi, come Le avventure del Padre Crespel nel Labrador (Torino, Speirani, 1896, poi in Le grandi pesche dei mari australi, ivi, 1904) o Fra i ghiacci del Polo Artico, Il deserto di ghiaccio e Perduti fra i ghiacci del Polo, pubblicati con lo pseudonimo di cap. Guido Altieri rispettivamente come voll. 87, 110 e 138 della «Bibliotechina Aurea Illustrata» delle edizioni Biondo di Palermo (1901-1906) e quindi come voll. 8, 14 e 26 della collana «I racconti di avventure» della casa editrice Sonzogno di Milano (1935-1941). Un caso a sé, in quest’ambito, è poi rappresentato da La «Stella Polare» ed il suo viaggio avventuroso (noto anche con lo scorretto titolo Verso l’Artide con la «Stella Polare»), pubblicato nel 1901 dall’editore Donath di Genova, libro che costituisce la cronaca romanzata della celebre spedizione italo-norvegese al Polo Nord del 1899-1900 guidata da Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi (e sono ben note le polemiche che la tempestiva pubblicazione del libro innescò nei confronti dell’analogo volume del cronista “ufficiale” dell’impresa, l’ammiraglio Umberto Cagni, La «Stella Polare» nel mare Artico, che apparve dopo quello sfornato “a tamburo battente” dall’infaticabile e inesausto scrittore veronese). Inutile aggiungere che anche di questo filone “polare” della narrativa salgariana si impadronì, dopo la morte dello scrittore, la florida industria dei “falsi”,[2] producendo alcuni titoli (ricordo qui, per es., I naufraghi dell’«Hansa», pubblicato da Mondadori nel 1921 con firma abbinata Emilio Salgari - Luigi Motta, ma in realtà opera esclusiva di quest’ultimo il quale, come è noto, fu il più importante e prolifico fra i tanti “continuatori” ed imitatori dello scrittore veronese).[3]

Una sfida al Polo racconta della rivalità fra lo statunitense Torpon e il canadese Montcalm per una donna, la bellissima, spregiudicata e un po’ crudele miss Ellen Perkins.[4] Per poter aspirare alla mano di Ellen, i due si sottopongono ad una lunga serie di prove di coraggio, di forza, di abnegazione, sempre più assurde e pericolose, non riuscendo mai a superarsi e terminando, quindi, in perfetta parità. Intanto la loro primiera amicizia è andata trasformandosi in odio. Miss Ellen, a questo punto, propone ai due spasimanti un ultimo, pericoloso tentativo, destinato a concludersi tragicamente: la conquista del Polo Nord in automobile. Chi primo giungerà alla mèta, otterrà la mano e l’amore di miss Ellen. I due partono, in un viaggio che, come di consueto, riserva loro una lunga serie di sorprese e di pericoli: il canadese, più leale e generoso, giungerà per primo al Polo, non senza aver dovuto subire i ripetuti agguati e le reiterate insidie dello “scorretto” rivale Torpon. Quest’ultimo, reso furioso dall’odio e dalla sconfitta, tenta addirittura di uccidere Montcalm, il quale, per difendersi, ne causa involontariamente la morte. Tornato in patria, Montcalm viene accolto con tutti gli onori, ma, ormai maturato dalle tremende esperienze provate, rifiuta con disprezzo la mano che la insensibile e cinica miss Ellen gli offre.

A proposito della atipicità della figura femminile di miss Ellen in questo romanzo, Ann Lawson Lucas ha giustamente rilevato che «questo è l’unico esempio in cui un eroe buono e coraggioso si ribella alla protagonista, in cui l’“eroina” è irresponsabile e viene pertanto respinta», aggiungendo inoltre che «questo è l’unico caso di rottura completa fra persone di sesso diverso nell’opera salgariana. È l’unico romanzo in cui l’amore sembra avere un’influenza disastrosa sugli amanti e diventa causa di una tragedia assoluta».[5] Il romanzo è interessante, fra l’altro, anche per la presenza, in esso, dell’automobile (osservo che potrebbe forse non essere un caso che il romanzo apparve nel 1909, lo stesso anno del Manifesto del movimento futurista e lo stesso anno, ancora, in cui Gabriele D’Annunzio lavorava al Forse che sì forse che no, che si apre, come è noto, con una sfrenata corsa in un’automobile guidata dal “superuomo” Paolo Tarsis). Massimo Tassi, a tal proposito, ha infatti notato che la scelta dell’autore veronese di scrivere un romanzo che è un vero e proprio inno alla nuova forza del motore a scoppio non è certo casuale: «Affascinato da gare come la Pechino-Parigi del 1907 vinta dall’italiano Scipione Borghese su Itala, incuriosito dalla crescente tipologia di competizioni (su circuito, in linea, record su chilometro ecc.) e dalle automobili in circolazione (nel 1907 in Italia ne figurano immatricolate 6.080), Salgari abbina il nuovo mezzo di trasporto alla suggestione delle imprese polari intraprese in quegli anni da Robert E. Peary e Frederic Albert Cook».[6] Lo studioso, inoltre, ha rilevato che la conversazione fra lo chaffeur Mac Leod e Karalit, il capo del villaggio eschimese che vuole notizie su quello che lui ritiene essere una strana «bestia che brontola come un orso bianco» (cioè l’automobile), rinvia al libro di Luigi Barzini La metà del mondo vista da un’automobile. Da Pechino a Parigi in 60 giorni (Milano, Hoepli, 1908), dove il celebre giornalista de «Il Corriere della Sera» racconta di una analoga domanda che le stupite popolazioni orientali facevano ogni qual volta si imbattevano nell’automobile di Scipione Borghese («Dov’è la bestia?»). Ancora, Tassi ha scritto che «sarebbe arduo comprendere appieno l’atmosfera motoristica in cui è nato questo romanzo senza aggiungere che nella Torino in cui vive Salgari all’epoca è attiva dal 1899 la Fiat, destinata a diventare la maggior realtà industriale del nostro paese […]. Di lì a poco il rombo dei motori irromperà nelle tele di grandi maestri del calibro di Severini, Sironi, Depero e Balla. Gli editori sono attenti all’avvento delle quattro ruote e la Hoepli pubblica vari titoli dedicati all’argomento, fra cui Manuale dell’automobilista. Guida per i meccanici di automobili di Pedrini, del 1907. Ovunque, l’automobile contagia le masse».[7]

Nella Premessa all’edizione del romanzo da lui curata,[8] Vittorio Sarti ha anch’egli indugiato sul tema automobilistico e ha rilevato la frettolosità di scrittura che emerge dalla lettura dell’opera. Per quanto concerne poi la sfida fra i due uomini per la mano di miss Ellen, Silvino Gonzato ha scoperto che essa prende probabilmente spunto da una notizia, pubblicata guardacaso sulla «Arena» di Verona il 13 agosto 1893 col titolo La storia di due rovingmen inglesi, in cui si diceva di «due giovani ardimentosi, il conte Louth e il conte di Darmouth, che si erano lanciati una singolare sfida. Chi dei due avesse raggiunto per primo il porto di Liverpool partendo da due diversi punti della costa, avrebbe avuto come ricompensa la bella, consenziente e perfida (ma della perfidia si saprà dopo) Kate Druady. Uno dei due capitani, il conte di Louth, travolto da una tempesta, finì in fondo al mare, mentre l’altro, pur ridotto in condizioni pietose, riuscì a raggiungere la meta. Ma una volta messo piede a terra, una lettera anonima lo informò della malvagità della donna, una avventuriera della peggior risma, una sorta di Barbablù in gonnella e, mestamente, fatte riparare le vele, riprese il mare per tornarsene a casa».[9] Compaginando con la consueta capacità la cronaca dei due giovani inglesi con l’attualità della conquista del Polo e l’interesse per lo sviluppo prepotente e inarrestabile dell’automobilismo, Emilio Salgari ci ha saputo dare l’ultimo (e tutt’altro che disprezzabile) dei suoi romanzi “polari”.



Armando Bisanti



NOTE:

[1] Su questa sezione della produzione romanzesca salgariana, cfr. M. Morini, Una contesa letteraria intorno al Polo Nord, in «Corriere Lombardo» (Milano) del 18-9-1953; S. Zavatti, Emilio Salgari e i suoi romanzi polari, in «Annuario della Scuola Media Statale “Ippolito Nievo”» (Spilimbergo), 1962-1963; F. Pozzo, Alla conquista dei Poli con Emilio Salgari, ne «Il Polo», Civitanova Marche, 1979; E. Salgari, Avventure ai poli, a cura di F. Pozzo, Fermo, Istituto Geografico Polare «Sergio Zavatti» e Attività culturali del Comune di Fermo, 1995; F. Pozzo, Articoletti polari di Emilio Salgari per bambini, in «Il Polo», Fermo, settembre 1993.

[2] Cfr., fra gli altri, A. Viglongo, L’origine dei falsi salgariani. Chi ha veramente scritto «Le mie memorie», in «Almanacco Piemontese», Torino, Viglongo, 1981; P. Azzolini, Luigi Motta sapeva tutto sui “falsi” di Salgari, in «L’Arena», 10 gennaio 1991; V. Sarti, Nuova bibliografia salgariana, Torino, Pignatone, 19942, pp. 125-132.

[3] Il naufragio dell’“Hansa” è il titolo di uno dei 67 racconti (il n. 241, in cui viene però narrata tutta un’altra storia) pubblicati, con lo pseudonimo di cap. Guido Altieri, per la «Bibliotechina Aurea Illustrata» dell’editore Biondo di Palermo. Che I naufraghi dell’“Hansa” (in cui si narra delle avventure di due esiliati russi nelle regioni artiche) sia assai probabilmente opera esclusiva di Luigi Motta si ricava anche dal fatto che tre anni dopo, nel 1924, la stessa casa editrice Mondadori ripubblicò il romanzo (in abbinamento a L’aeroplano nero e a La linea di fiamma) in un vol. a firma esclusiva di Luigi Motta (e senza più alcun riferimento ad Emilio Salgari: traggo questa notizia da V. Sarti, Nuova bibliografia salgariana, cit., p. 125). Per quanto riguarda lo scrittore Luigi Motta (Bussolengo, 1881 - Milano, 1955), egli fu il più celebre e fecondo fra i continuatori e gli imitatori di Emilio Salgari, autore di una enorme quantità di romanzi d’avventure e di fantascienza, spesso articolati per cicli (degli adoratori, dell’Africa australe, dei tempi futuri, di Bisanzio). Su di lui, si vedano i molti studi di F. Pozzo, fra i quali ricordo qui Luigi Motta, in «LG Argomenti», 3 (1981), pp. 23-32; Luigi Motta. La sua attività di romanziere sino al 1920, in «Almanacco Piemontese» (1984); Luigi Motta sulle orme di Salgari, in «Studi piemontesi» 23,2 (1994), pp. 375-380; Emilio Salgari e dintorni, Napoli, Liguori, 2000, pp. 68-89 e passim; nonché quelli di P. Azzolini, La grande tormenta del discepolo Motta, in «Io sono la Tigre». Atti del Convegno di Verona del gennaio 1991, a cura di S. Gonzato, Verona, Banca Popolare di Verona, 1991, pp. 97-109; Ead., L’avventura di Luigi Motta. Per una biografia, in «Salgariana. Sez. del Bollettino della Biblioteca Civica di Verona» 2 (1996), pp. 149-157.

[4] Il motivo dei due uomini rivali per l’amore (ricambiato o no che sia) di una donna è un tòpos di larga attestazione nella narrativa salgariana.

[5] A. Lawson Lucas, La ricerca dell’ignoto. I romanzi d’avventura di Emilio Salgari, Firenze, Olschki, 2000, pp. 67-68.

[6] M. Tassi, Automobilisti innamorati al Polo Nord, in E. Salgari, Una sfida al Polo, Milano, Fabbri, 2004, p. 5.

[7] Ivi, p. 6.

[8] V. Sarti, Premessa a E. Salgari, Una sfida al Polo, Milano, Mondadori, 2002, pp. V-VIII.

[9] Ivi, p. IX.


Appunti di viaggio

Questo Tigrotto ha scritto anche i seguenti articoli:
  • Su alcuni "romanzi d'Africa" di Emilio Salgari
  • Il tesoro della montagna azzurra
  • Le aquile della steppa
  • L'Eroina di Port Arthur
  • La città dell'oro
  • Le stragi della China
  • Indice!

    Questo sito è ideato e gestito da La Perla di Labuan