La lingua hindi
di
Francesca "Asia" Rossi



Le origini

La situazione linguistica del subcontinente indiano è piuttosto complessa. Dal punto di vista della classificazione, la maggioranza degli idiomi parlati nel subcontinente appartiene a tre gruppi: lingue indoarie (a loro volta appartenenti alla famiglia delle lingue indoeuropee); lingue dravidiche; lingue munda.
Le lingue indoarie, che contano oggi oltre 260 milioni di parlanti, si estendono su un territorio identificabile all’incirca con la linea ideale che unisce Puri, sulla costa orientale, a Goa su quella occidentale. L’area di diffusione dell’indoario comprende inoltre la metà meridionale dell’isola dello Sri Lanka. Penetrate in India con gli invasori arii, le lingue indoarie presentano, rispetto alle altre, le attestazioni più antiche: i primi monumenti, infatti, appartenenti al corpus vedico in sanscrito risalgono all’800 circa a.C.; impiegato come lingua parlata fino al III secolo a.C., il sanscrito si è fissato poi come lingua letteraria e di cultura, fornendo il modello non solo alle lingue indoarie di successivo impiego letterario, ma anche alle lingue dravidiche.
Dal punto di vista dell’evoluzione le lingue indoarie moderne hanno in comune con le lingue romanze d’Europa il fatto di aver perduto la maggior parte delle complicate flessioni della lingua madre. Tale processo è stato più accentuato in India che nell’Europa occidentale, perchè nelle lingue romanze moderne il verbo conserva le flessioni originarie del latino molto più che nella maggior parte delle lingue indoarie, dove la flessione verbale primitiva è stata ridotta e semplificata a poco più di un sistema di participi coniugati con l’aiuto di ausiliari. Tipica è anche la scomparsa degli otto casi della declinazione nominale indoeuropea, conservati invece dal sanscrito. Le declinazioni del nome sono sostituite da posposizioni, cioè particelle posposte al nome che reggono.
La hindi (il nome è di genere femminile) è una lingua neoindiana appartenente al gruppo indoario ed è parlata da circa 120 milioni di persone nel territorio che si estende dal Punjab a Ovest, al Bengala a Est, dal Nepal al Nord, al Maharashtra al Sud. Si è formata intorno al 1000 d.C. ed è stata impiegata in opere letterarie dal 1100 d.C.
Dal 1700 è stata oggetto di un processo di semplificazione e dal 1947 la hindi è la lingua ufficiale dell’India.
In molti Stati indiani come Bihar e Rajasthan si notano, comunque, delle forti differenze dialettali tra i contadini e tra le classi meno colte; a tal proposito si sta tentando di sviluppare come mezzi di espressione letteraria moderna i dialetti indigeni che posseggono una letteratura antica molto interessante.
Il governo dell’India indipendente ha compiuto molti sforzi per fare della hindi la lingua ufficiale del Paese. Nonostante la concorrenza della lingua inglese come lingua di scambio e la resistenza di alcune lingue indoarie di grande rilievo culturale la grande importanza che la hindi ha ottenuto nel tempo dimostra il pieno successo di questi tentativi.
La produzione letteraria della hindi più antica è quasi tutta in versi e la sua grammatica è lievemente diversa da quella della hindi moderna. Le opere più antiche sono rappresentate da poemi guerreschi, tra cui il Prithviraj Raso, che narra la vita dell’ultimo re indù dell’India occidentale e la sua morte per mano degli invasori musulmani. Quest’opera, attribuita ad un certo Cand Bardai (XII sec.), contiene passi di grande bellezza ed è stata popolare almeno fino al XVI secolo.
Il più importante autore di inni religiosi in hindi è Kabir (XV sec.), un tessitore di Benares che predicò un monoteismo povero di contenuto mitologico.
A partire dal XIV secolo gli scrittori musulmani sufi adottarono la hindi e il Padmavati di Malik Muhammad Jayasi è forse il poema più interessante di questo genere: racconta la storia della cavalleria indù e rivela il misticismo islamico che lo ispira.
L’epoca d’oro della letteratura hindi si situa tra il XVI e il XVII secolo, epoca in cui vissero i tre maggiori poeti: Tulsi Das (1532-1623) compose in hindi orientale o avadhi Il lago delle imprese di Rama (Ramcaritmanas), sulle vicende dell’eroe leggendario; Sur Das (1483-1563); Bihar Lal (metà del secolo XVII).
La hindi moderna risale ai primi anni del XVIII secolo. Già nel secolo precedente si era cercato di sviluppare la prosa hindi nel dialetto di Delhi, eliminando la maggior parte delle parole arabo-persiane e adottando la scrittura indù devanagari a preferenza di quella persiana.
La Compagnia inglese delle Indie Orientali aveva bisogno di testi semplici, in uno stile standard facilmente comprensibile: essi le furono forniti da alcuni insegnanti del Fort William College (Calcutta), sotto la guida di John Gilchrist, un professore della scuola fondata nel 1799 per formare i funzionari di grado minore della Compagnia. A questo scopo Lalluji Lal (1763-1835) compose Oceano d’Amore (Prem Sagar), una parafrasi in prosa della storia della nascita e della giovinezza di Krishna. Quest’opera ebbe rapida diffusione non solo come testo per i funzionari inglesi, ma anche come opera di letteratura popolare ed è tuttora letto in tutti i paesi di lingua hindi.
La seconda metà del XIX secolo vide il rapido sviluppo di una nuova hindi semplificata, il khari boli (discorso diretto): questo processo fu favorito dall’influsso della letteratura bengali, già ampiamente modernizzata.
Haris Candra (1846-1884) fu forse il primo scrittore che adottò questa hindi in drammi, poemi, racconti e saggi. Il maggiore scrittore in hindi moderno è stato probabilmente Prem Chand (1880-1936). Il suo romanzo migliore Il dono di una vacca (Godan), che descrive la vita rurale dell’Uttar Pradesh, è stato tradotto in molte lingue europee.
Sulla hindi medievale della zona di Delhi si basa l’urdu, che è, con l’inglese, attuale lingua ufficiale del Pakistan. L’urdu, però, è scritto in caratteri arabi, mentre la hindi utilizza il devanagari, l’alfabeto già impiegato dal sanscrito.
Oggi la hindi è molto spesso l’unico strumento per accostarsi alla realtà della produzione e del commercio in India, nonostante la grande diffusione dell’inglese. Inoltre le catene televisive nazionali trasmettono programmi in questa lingua e il cinema di Bollywood è diffuso e amato in tutto il mondo.

Il lessico

La ricchezza del lessico hindi riflette la grande sedimentazione di culture e civiltà avvenuta nel corso di secoli di storia indiana.
Infatti la civiltà indiana ha saputo accogliere ed integrare elementi eterogenei con maestria. Prova ne è il fatto che nel vocabolario hindi convivono termini di diversa provenienza: i tatsam provengono, senza alcuna modifica, dal sanscrito; un’altra parte è presa dal persiano e dall’arabo, eredità di secoli di dominio islamico; altre parole derivano dall’inglese; altre sono invece prese da lingue indigene del subcontinente.
La maggior parte delle parole di uso comune sono quelle derivate, con alcune modifiche, dal sanscrito: si tratta dei termini “tadhbav”, che rappresentano una evoluzione lessicale paragonabile a quella che, dal latino, ha portato alla formazione delle parole nelle lingue neolatine. Alcune volte è possibile riconoscere senza particolare difficoltà i termini direttamente imparentati con le parole dell’italiano o di altre lingue europee: per esempio la parola hindi e sanscrita pita corrisponde all’italiano padre, oppure la parola hindi e sanscrita matra, che vuol dire misura o quantità corrisponde all’italiano metro; o ancora dall’hindi e sanscrito hrday, che vuol dire cuore si ricava la radice hrd, che porta al latino cor, cordis e quindi all’italiano cuore.

Hindi e Urdu

Hindi e Urdu (lingua ufficiale del Pakistan) sono due lingue gemelle e alcuni linguisti le considerano addirittura un’unica lingua per cui è stato coniato il termine ibrido di hirdo.
Tra il XIX e il XX secolo gli ambienti conservatori indù da un lato e quelli musulmani dall’altro si adoperarono affinchè le due lingue acquisissero due identità ben distinte. Queste identità sono state costruite partendo dal lessico e dalla scrittura: nel primo caso la hindi e la urdu, infatti, sono state rispettivamente sanscritizzata e persianizzata; nel secondo caso sono state codificate da alfabeti differenti, rispettivamente quello devanagari e quello arabo-persiano.
Hindi e urdu condividono, però, gran parte del vocabolario, quindi è molto facile capirsi con parlanti dell’altra lingua. Un esempio classico di questa mediazione è dato proprio dal cinema di Bollywood, che usa una lingua semplice, termini di uso comune ed evita un uso esagerato di parole di origine sanscrita o persiana.
Rimanendo nell’ambito cinematografico, è interessante notare che, invece, le canzoni d’amore usate nei film derivano dai tradizionali ghazal indo-persiani e dunque sono composte in una urdu persianizzata, più classica.
In hindi si possono trovare anche parole di origine sanscrita usate accanto a quelle di origine persiana. Per esempio: saptah (di origine sanscrita) e hafta (di origine persiana) per dire settimana. Oppure vi sono parole composte di due elementi, uno di origine sanscrita e uno di origine persiana. Per esempio: bad calan(corrotto), dal persiano bad (cattivo,proprio come in inglese) e dal sanscrito calan (condotta andatura).
La hindi è una lingua affascinante, ricca, tra le più importanti espressioni di una nazione in cui convivono molte tradizioni, molte culture, molte religioni e molte lingue. Inoltre la hindi è viva più che mai al di fuori dell’India, grazie all’emigrazione indiana in tutti i continenti.



Bibliografia:

  • Corso di lingua Hindi, Giorgio Milanetti, Smiti Tanya Gupta, Ed. Hoepli, 2008
  • Enciclopedia Europea, Ed. Garzanti, 1977
  • www.wikipedia.it, lemma hindi

E.Salgari
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Testi e informazioni per questo articolo a cura
della "Tigrotta" Francesca "Asia" Rossi

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