Il bene al di sopra di tutto...
Francesco Biasco

 

“Un'altra giornata di pioggia” pensò il colonnello Zaney guardando fuori dalla finestra del suo studio di Londra. Oramai in pensione da tre anni dopo anni di onorato servizio nell’unità d’elitè dell’esercito di Sua Maestà, il SAS, l’ufficiale ancora non si abituava alla nuova vita sempre più sedentaria. Ogni giorno continuava a fare i suoi sette chilometri di corsa, andare al poligono per esercitarsi con le armi e ad allenarsi con le arti marziali, ma quello che gli mancava era l’azione, l’adrenalina allo stato puro che solo l’operazione sul campo poteva dargli. L’occhio cadde su uno strano sasso multicolore poggiato sulla scrivania.”Che bei ricordi” rimuginò il colonnello. Era la famosa pietra che l’aveva trasportato nel passato, gli aveva fatto conoscere Sandokan e la principessa Marianna alla vigilia dell’invasione di Mompracem nonchè combattere contro gli inglesi sconfiggendoli e salvando così la vita alla “Perla”. Ed ora era tutto finito….

Sospirando tornò alla lettura del Times, sperando così di evitare di pensare. Era tanto intento nella lettura di un articolo sulla guerra in Irak che non sentì neanche il campanello suonare e tanto meno la moglie che chiacchierava con qualcuno alla porta. Solo quando la donna fece accomodare nello studio un giovane, il colonnello Zaney si riscosse ripiegando il giornale e guardando attentamente il ragazzo. Era alto un metro e ottanta, fisico asciutto e carnagione olivastra. “25-28 anni, senz’altro orientale, zona asiatica tra Pakistan ed India per essere precisi” disse tra sé e sé. Quasi gli avesse letto nel pensiero, il giovane disse, in perfetto inglese: “Mi chiamo Alì Carbell, sono indiano e mio padre era il sergente Carbell, suo sottufficiale in India nel 1950”. Una ventata di ricordi investì immediatamente il colonnello Zaney. Ricordava perfettamente il sergente Carbell; da giovane sottotenente era stato mandato allo sbaraglio in India alla guida di un reparto appena formatosi e solo l’esperienza del graduato gli aveva impedito di finire impallinato. Quante cose gli aveva insegnato il  sergente Carbell …il suo primo vero istruttore di vita. “Il figlio del sergente Carbell ? E tuo padre come sta ? Sempre in gamba come al solito ? Sono secoli che non ci sentiamo più..non lo vedo da oltre trent’anni” disse felice il colonnello. “Mio padre è morto un anno fa” rispose il giovane Alì, rabbuiandosi. “Mi dispiace, scusami, non potevo saperlo. Per me il sergente Carbell era immortale quindi…”. “Non si preoccupi, so tutto di lei. Non si deve scusare.” rispose di rimando Alì, facendo capire che non se l’era presa affatto. “Quale buon vento ti porta a Londra, Alì? ” chiese l’ufficiale per cambiare argomento. “Sono stato assunto presso l’Università di Eton quale ricercatore per le culture orientali, in particolare per quella indiana. Dopo la laurea a Nuova Dheli, grazie alla mia perfetta conoscenza dell’inglese, ho avuto modo di  farmi notare anche in Occidente e così eccomi qua…mio padre prima di morire, mi disse di venirla a trovare e di lasciarle il seguente messaggio “ Il bene al di sopra di tutto”. Lei avrebbe capito…”. Il colonnello Zaney rimase un attimo interdetto. La frase pronunciata dal ragazzo era in codice…un codice che aveva appreso proprio dal sergente Carbell…significava “Situazione disperata. C’è una via d’uscita, ma è molto pericolosa. Provare comunque ad attuarla.” Mentre il colonnello rimuginava sull’enigma proposto, il ragazzo ebbe un fremito guardando la pietra riposta dall’ufficiale sul tavolo. “La lacrima della Dea Kalì” disse con visibile emozione. “Cosa?” ribattè Zaney scuotendosi dai pensieri in cui era precipitato. “La lacrima della Dea Kalì, non c’è dubbio” disse il giovane, “la mia religione dice che la Dea Kalì, divinità notoriamente malvagia, ebbe nel passato un momento di commozione che generò delle lacrime che toccando terra, a causa della durezza della dea, si trasformarono in pietre. Si dice che chi le possieda abbia tra le mani il potere del bene, un potere che neutralizza il male e lo distrugge istantaneamente.”. “Solite stupide superstizioni” disse ridendo Zaney “io per il male, ho un rimedio indolore: una bella scarica di piombo calibro nove e passa la paura.”. “Lei è scettico sulla religione, colonnello, ma verrà un giorno che cambierà idea” continuò il ragazzo, guardandolo fisso negli occhi. “Si, ma spero in quel frangente di avere con me una bella Skorpion con i suoi mitici trenta colpi nel caricatore”. Il ragazzo sorrise quasi compatendolo per la sua indifferenza. Si alzò per andarsene e Zaney lo accompagnò all’uscita; sull’uscio della porta, stringendogli la mano il giovane gli sussurrò: “Non dimentichi mai che ha la pietra, colonnello, …il bene al di sopra di tutto” e detto ciò, prima che il colonnello potesse ribattere, si allontanò nella pioggia. Zaney tornò alla sua scrivania e riprese a leggere il giornale, ma gli occhi del ragazzo e l’ultima frase detta tornavano ad assillarlo. “Che avrà voluto dire ?” rimuginava tra sé. All’improvviso squillò il telefono. Era il maggiore Yur Carter, il suo successore al comando del reparto dei SAS. “Ciao vecchio, come va ?” disse ridendo Carter. “Tutto ok, anche se mi manca da morire il nostro reparto. Cavolo, quanto pagherei per trovarmi un’altra volta impegnato in missione e mi sa che molti dei “nostri” rimpiangerebbero di considerarmi un “vecchietto” rispose il colonnello. “Non te la prendere, vecchio, il tuo tempo è ormai passato, ma hai l’esperienza che mi serve per un incarico delicato che ci hanno assegnato”. Detto ciò, il maggiore definì i dettagli della missione e Zaney più volte rilevò degli anelli deboli correggendo il collega e fornendogli suggerimenti per il successo dell’operazione. “Sei sempre il migliore, vecchio” ribadì alla fine Yur. “Sempre a disposizione per l’esercito di Sua Maestà. A proposito, ricordi il sergente Carbell ?” disse Zaney. “Certo, chi si scorda il vecchio Carbell ? Mi rammento ancora i calcioni che mi ha dato in addestramento per farmi comprendere certi trucchi nei corpo a corpo.” rispose il maggiore. “Oggi ho conosciuto il figlio, Alì, un indiano che insegna nella nostra università di Eton. Un tipo molto in gamba. Purtroppo mi ha detto che il sergente Carbell è morto l’anno scorso.”. Il telefono dall’altra parte rimase muto. “Ci sei, Yur ?” disse il colonnello convinto che fosse caduta la linea. “Ci sono, vecchio. Ho da darti due notizie: il sergente Carbell non ha mai avuto figli...e poi è morto venti anni fa…ciao vecchio e riguardati….”. Zaney ripose la cornetta e rimase ad osservare il telefono ripensando alle rivelazioni dell’amico. “Avrà avuto questo figlio da qualche indiana conosciuta sul posto e non l’ha mai formalmente riconosciuto…poi che sia morto tanti anni fa, può essere una notizia messa in giro da lui stesso per uscire dal giro e non essere scocciato ulteriormente”. Riprese quindi il giornale, continuando a leggere l’articolo troppe volte interrotto. Ad un certo punto, la finestra si spalancò a causa del vento ed i fogli sulla scrivania cominciarono a volare. Immediatamente Zaney prese la pietra per bloccare altri appunti che cominciavano a cadere, ma appena afferrata sentì nuovamente quel calore provato tre anni prima. “Accidenti, ci risiamo…”. La stanza cominciò a fluttuare nell’aria ed a svanire progressivamente. Una giungla impervia si sostituì alle pareti domestiche, mentre il sasso che si raffreddava rapidamente fu riposto nella tasca del pantalone. “Ed ora dove sono finito ?” pensò il colonnello. “Sono sicuramente in una giungla, ma quale?”. Cominciò ad esplorare le zone circostanti. “Meno male che ero in procinto di uscire da casa” rifletté tra sé e sé, guardando le scarpe che indossava. Camminare nella giungla con delle ciabatte non era molto indicato e l’idea di procurarsi calzature alternative con l’ausilio di liane e foglie particolari non gli andava molto a genio. Faceva molto caldo e l’umidità inzuppava gli abiti di Zaney creando ampie chiazze di sudore sugli indumenti. “Volevi l’azione, no? Ed ora di che ti lamenti ?” si schernì. Le zanzare intanto cominciavano a farsi sentire ed il colonnello cominciò a spalmarsi sul viso del succo di alcune piante tropicali idrorepellenti. “Ottimo, non mi sono dimenticato come si fa. Comunque queste piante crescono solo in Asia quindi almeno posso dire che non sono in Africa”. All’improvviso si aprì davanti a lui una radura meravigliosa con un fresco ruscello. La tentazione di bere era notevole, ma l’istinto militare lo fece desistere. Non sapeva se era in un territorio ostile e quindi decise di avvicinarsi al fiumiciattolo costeggiando i cespugli che delimitavano lo spiazzo. Mai decisione fu più fortunata. Mentre percorreva silenzioso il tragitto verso l’acqua poco ci mancò che finisse tra le braccia di un individuo vestito di scuro, occultato in un rovo e soprattutto armato di fucile. L’occhio allenato gli fece immediatamente scorgere altri due individui nascosti in altri due cespugli, ma l’istinto gli diceva che non erano i soli. “Rieccoci di nuovo nel passato”. Le armi che aveva notato erano fucili ad avancarica. Cominciò pertanto a strisciare cercando di individuare altri ostacoli e pronto ad scappare in caso di  pericolo. Arrivò quindi alla fonte dove sorseggiò avidamente una fresca e dolcissima acqua cristallina. “Si vede che le fabbriche ancora non ci sono, acqua troppo pulita e limpida”. Oramai dissetato, il colonnello stava per allontanarsi, ma la solita vocina che sempre gli aveva permesso di uscire vivo da situazioni ben più pericolose di quella lo fece voltare giusto in tempo per vedere un kriss che stava calando sulla sua schiena. Il suo avversario si era avvicinato silenziosamente e il brusio prodotto dall’acqua aveva evitato ogni eventuale rumore. Zaney cercò di evitare il fendente buttandosi a terra di lato, ma la lama ferì profondamente il braccio. Mentre il suo assalitore si preparava a colpirlo nuovamente il colonnello assestò un calcio al volto dell’uomo che cadde riverso perdendo il coltello. Zaney prima che lo stesso si riprendesse gli era già addosso e con un colpo secco alla base del collo lo tramortì. “Mi servi vivo, idiota. Devo sapere dove sono se no la tua pellaccia varrebbe meno di una scorza di formaggio andato a male”. Subito strappò la camicia e tamponò la ferita che cominciava a fargli molto male. Era profonda, ma sembrava non aver provocato danni permanenti. “Ne ho avute di peggiori. Forza Zaney, vediamo di capirci qualcosa.”. Trascinò il suo assalitore nella zona più impervia della giungla in modo da poterlo interrogare con calma e lontano dagli orecchi e occhi dei suoi soci. Lo sforzo e la ferita si fecero presto sentire e presto Zaney cominciò a sudare copiosamente. Raggiunto un posto sicuro, si fermò riprendendo fiato. Il suo prigioniero non si era ancora riavuto e due o tre ceffoni ben assestati furono sufficienti a risvegliarlo. “Cane infedele, non uscirai vivo da qui” disse immediatamente il giovane asiatico. Il colonnello era stato in missione in diverse zone asiatiche e riconobbe immediatamente la lingua del suo interlocutore. “Non sarà un indiano come te che mi farà la pelle. Chi sei ? Parla o ti scuoio vivo con il tuo stesso coltello”. Gli occhi di Zaney erano eloquenti, non stava scherzando. Ma dall’altra parte notò uno sguardo altrettanto fermo e determinato. “La dea Kalì prenderà la tua anima e tu sarai destinato a vivere nell’aldilà vagando sempre senza una metà precisa”. “E due… questa dea Kalì è molto gettonata ultimamente…io non mi preoccuperei del futuro, penserei al presente che attualmente non è molto roseo con te, amico…parla o ti ammazzo”. Il giovane gli sorrise in faccia. “La dea Kalì non tradisce i suoi seguaci ed io non tradirò lei. Puoi anche uccidermi ma da me non saprai niente. Tra poco andrai a far compagnia al principe Sandokan ed alla sua mogliettina.”. Il colonnello trasalì. Prese per il bavero il giovane e mettendogli il coltello sotto la gola, urlò: “Che ne sai tu di Sandokan? Che vuoi dire?”. Immediatamente gli vennero in mente gli individui nascosti ai bordi della radura. Erano in attesa di qualcosa…o qualcuno. Era un’imboscata. Ed i bersagli erano senz’altro Sandokan e Marianna. “Bastardo, so qual è il vostro piano. Volete uccidere Sandokan in un agguato.”. L’asiatico con un ghigno lo guardò negli occhi: “E’ troppo tardi, cane infedele. La dea Kalì starà oramai per prendere l’anima del principe. Non ti servirà a niente aver capito tutto”. E con uno scatto repentino avvicinò il collo al coltello del colonnello rimanendone trafitto. Quindi si accasciò senza emettere un grido e continuandolo a guardare con aria di sfida il suo antagonista. “Salutami la dea Kalì, idiota.” e si allontanò correndo in direzione della radura. Ogni passo che faceva temeva di udire la scarica di fucili che gli avrebbe preannunciato il successo dell’agguato e pertanto lo sforzo che metteva nella corsa cominciava a farsi sentire. La ferita al braccio inoltre gli stava facendo sempre più male ed aveva ricominciato a sanguinare. “Cavolo, non ci sono più abituato. Con una sciocchezza del genere avrei corso per miglia senza problemi ed ora sto arrancando peggio di un vecchia locomotiva a vapore in salita”. All’improvviso sentì lo scalpitio tipico di cavalli e di un carro in arrivo e senza pensarci si diresse verso la sorgente del rumore. Fece giusto in tempo ad uscire nella radura ed a farsi vedere dall’avanguardia del carro che precedeva il convoglio che una raffica di fucile colpì i due malcapitati “tigrotti”. L’allarme comunque era stato recepito perché il convoglio fu immediatamente superato da altri uomini della scorta che cominciarono a caricare gli avversari usciti alla chetichella dai cespugli. Erano molti. Sicuramente una trentina di individui ben addestrati i quali cominciarono subito ad aprire larghi vuoti tra le file dei tigrotti. Il combattimento sembrava segnato, quando all’improvviso si sentì un urlo spaventoso che Zaney aveva già sentito nel suo precedente viaggio temporale. “Sandokan è entrato in azione, questo è il suo urlo di battaglia” pensò sorridendo e con il kriss in mano cominciò ad avvicinarsi al carro colpendo due dei seguaci della dea Kalì che gli sbarravano la strada. La lotta con il coltello era un’altra delle tante cose che i militari dei SAS devono saper fare bene, ma Zaney era uno dei migliori e nel giro di pochi istanti cinque nemici erano a terra colpiti dalla sua mano esperta. Sandokan dall’altra parte con i suoi classici colpi di scimitarra cominciò a far pendere l’ago della bilancia del confronto sempre più a favore dei tigrotti. Oramai i seguaci della dea Kalì, sempre più frastornati dall’attacco in due direzioni non previsto, sbandavano pericolosamente e sembravano sul punto di cedere quando dal fondo della valle uscì all’improvviso un vecchio smagrito con i capelli lunghi bianchi, vestito solo di un perizoma ed un bastone in mano. Gli occhi incavati nelle orbite erano malvagi e tutto l’insieme faceva presagire qualcosa di terribile. Il vecchio alzò le braccia al cielo e puntò il bastone verso Sandokan il quale cadde a terra quasi come colpito da un colpo di fucile. Zaney osservava la scena dal bordo della radura e notò che l’improvvisa apparizione e la perdita del proprio capo aveva gettato nello sconforto i tigrotti che, nonostante la loro abilità di combattimento, cominciavano a vacillare. Subito puntò sul vecchio brandendo il coltello, ma quest’ultimo avendolo notato puntò su di lui il suo strano bastone. Zaney sentì le gambe cedere e cadde riverso per terra. Era cosciente ma non riusciva più a muoversi. Mentre cercava di riprendersi vide Sandokan riaprire gli occhi, ma anche la Tigre della Malesia sembrava incapace di qualsiasi azione. Intanto i seguaci della dea Kalì continuavano a decimare i tigrotti che, alla fine decisero di ripiegare per evitare ulteriori perdite. Zaney cercò di rialzarsi, ma era come se un macigno lo bloccasse a terra. La scena che vide successivamente gli sarebbe rimasta impressa per tutta la vita: i seguaci della dea Kalì aprirono la portiera della carrozza rimasta bloccata e prelevarono una donna che Zaney non faticò a riconoscere: la Perla di Labuan, la principessa Marianna. Sandokan aveva gli occhi iniettati di sangue, ma non riusciva a fare niente. Il vecchio, appena vide che la principessa era scesa dal carro puntò su di lei il bastone e la donna, quasi in stato di trance, si avviò verso di lui. Zaney si accorse allora che riusciva a muovere la mano. Il corpo sembrava più leggero, ma nonostante tutto, quello che gli riuscì fu solo di rivolgere al vecchio la frase che si sarebbero rivisti presto. Il santone si girò di scatto, guardandolo incredulo. Era la prima volta che qualcuno riusciva a sbloccare senza suo ordine un sortilegio. Ordinò quindi mentalmente a tre dei suoi uomini di uccidere non appena si fosse allontanato Sandokan ed il colonnello. Zaney sentì perfettamente il comando dato ai seguaci e notando che piano piano anche le membra si stavano sbloccando decise di recuperare le forze per l’imminente scontro. Non appena il vecchio sparì all’orizzonte sentì come se un masso gli fosse stato tolto di dosso, ma non lo diede a vedere rimanendo bloccato nella posizione in cui si trovava. I tre seguaci della dea Kalì si avvicinarono con i kriss in mano per portare a termine la loro missione; Sandokan era più lontano, aveva riconosciuto Zaney ( o Yanez come lui lo chiamava…) e lo guardava con un aria di rassegnazione incapace di qualsiasi azione. Zaney lasciò avvicinare i tre individui poi con una mossa repentina scattò prendendoli completamente di sorpresa e colpendoli rapidamente in sequenza con il kriss che aveva raccolto. Sandokan intanto riusciva nuovamente a muoversi ed a fatica si avvicinò al colonnello che intanto era caduto nuovamente e perdeva sangue dalla ferita al braccio. Zaney fece in tempo a sentire la Tigre della Malesia che lo chiamava, poi svenne. Si riprese più tardi ritrovandosi in una stanza magnificamente adornata . Si alzò immediatamente sul letto, ma un tigrotto che vegliava gli disse di fermarsi; era al sicuro nel palazzo di Sandokan e la Tigre sarebbe arrivata in brevissimo tempo visto che voleva essere informata non appena il suo ospite si fosse ripreso. In effetti dopo alcuni minuti Sandokan entrò nella stanza. “Yanez, fratello mio. Come va ?”. “Bene, Sandokan, ma che ci fai tu in India ? Ti facevo a Mompracem alla caccia di inglesi.”. “Inglesi ?” rispose la Tigre. “Con gli inglesi sono oramai in pace da secoli. Mompracem è ora una delle isole più belle della Malesia e questo lo dobbiamo a te. Lord Brooke si suicidò l’indomani dell’attacco fallito alla nostra isola ed il nuovo governatore pensò bene di averci come amici piuttosto che nemici. Mi nominò sovrano di Mompracem e presenziò alle mie nozze con Marianna. Eravamo qui in India come rappresentanti ufficiali per fornire il nostro aiuto e quello del governatore al marajà di questo popolo sempre in lotta con le tribù indù dei seguaci della dea Kalì. Purtroppo qualcuno ha fatto la spia e il perfido Yarek sapeva benissimo dove saremmo passati. Ci avrebbe decimati tutti se tu non ci avessi avvertiti. A proposito, ma tu che ci fai qui ? Ti davamo tutti per morto dopo l’esplosione sul molo. Ho setacciato per giorni i fondali, ma del tuo corpo non c’era traccia”. Zaney aveva già pensato ad una storia plausibile e gli riferì che scaraventato in acqua aveva perso i sensi e la memoria ed era stato raccolto da una nave di passaggio in mare aperto che lo aveva sbarcato in India dove aveva ripreso il suo vecchio lavoro di mercante. Sandokan probabilmente non avrebbe abboccato alla sua storia se non fosse stato preoccupato per la principessa Marianna. Si vedeva che ascoltava il colonnello, ma il suo cervello era a chilometri di distanza. Zaney se ne accorse e chiese notizie in tal senso. “Yarek mi ha inviato un messaggio: se non me ne torno a casa, non rivedrò mai più la mia Perla…hai visto anche tu che ha poteri magici, la sua religione gli ha fornito tramite la dea Kalì poteri sovrannaturali. Siamo completamente alla sua mercè”. “Non mi sembra di aver notato molto; i suoi poteri sono principalmente telepatici e quindi la religione c’entra poco. Sto sentendo nominare questa dea Kalì da troppo tempo e già mi ha scocciato troppo. Andiamo a liberare la principessa Marianna e non parliamone più”. Sandokan lo guardò come se vedesse un fantasma. “Ma non hai visto quello che può fare ? Mi ha immobilizzato con il bastone magico, non riuscivo più a muovermi. Si dice che lo possa fare con decine di uomini contemporaneamente”. “No, se gli uomini sono tanti dovrà per forza perdere parte dei suoi poteri per bloccare tutti e quindi noi lo colpiremo. Quanti tigrotti hai con te ?” “Siamo in circa centocinquanta. Ma sono sicuro che non basteranno.” “Li faremo bastare.” disse Zaney “o almeno lo spero” pensò tra sé.

Il marajà che erano venuti ad aiutare nel giro di pochi giorni, sfruttando delle spie che aveva dislocato nella corte avversa, gli fece sapere che la principessa Marianna era chiusa nel tempio della dea Kalì all’interno della giungla. Zaney stabilì di concerto con la Tigre che avrebbero simulato la partenza con i tre kayak della spedizione d’aiuto, ma sarebbero sbarcati nuovamente in una rada abbastanza vicina al tempio della dea. Da lì avrebbero proseguito a piedi attaccando l’edificio all’esterno come diversivo, mentre una squadra scelta avrebbe liberato la principessa all’interno. Il tempo stringeva e l’operazione fu pianificata in brevissimo tempo. “Tanto” pensò Zaney “nessuna operazione per quanto magnificamente pianificata, regge sul campo di battaglia. C’è sempre qualcosa di imponderabile che cambia il verso della programmazione.”.

Le navi salparono con la massima pubblicità e Sandokan si mostrò costernato e deluso con il sovrano cui era andato in aiuto, che vedeva allontanarsi un aiuto prezioso ed insostituibile. La tigre non aveva accennato neanche a lui del piano per evitare fughe di notizie ed il maraja era seriamente preoccupato di una sua imminente sconfitta. I tre kayak uscirono dal porto dirigendosi al largo; appena fuori dalla portata visiva ripresero la rotta per la terraferma dove approdarono alcune ore dopo. Sandokan e Zaney sbarcarono assieme al grosso dei tigrotti e puntarono sul tempio della dea Kalì. Il colonnello e la Tigre della Malesia avevano stilato un piano semplicissimo. Mentre i tigrotti condotti da un finto Sandokan avrebbero attaccato frontalmente il tempio impegnando le guardie in difesa, la vera Tigre, Zaney e quindici dei migliori guerrieri sarebbero penetrati da un passaggio segreto scoperto grazie alle rivelazioni di una spia al soldo del marana. Avrebbero quindi liberato Marianna e si sarebbero diretti alla spiaggia ripartendo per tornare ad aiutare il Maraja. “Via alle danze” disse Zaney ed i tigrotti si diressero verso l’ingresso del tempio. Dopo alcuni minuti si udirono i primi spari e la confusione della battaglia che cresceva di momento in momento. Sandokan, Zaney ed i tigrotti entrarono allora nel passaggio segreto e si ritrovarono dopo pochi minuti nella grande sala dominata da una statua gigantesca della dea Kalì. Marianna giaceva sul sagrato legata mani e piedi e Sandokan si diresse veloce  verso di lei per liberarla. Mentre si preparava a colpire i legacci da dietro la statua della dea spunto Yarek che, con un sogghigno maligno, puntò il bastone bloccando istantaneamente la Tigre che rimase con la scimitarra in aria. I tigrotti rendendosi conto del pericolo si lanciarono verso il vecchio, ma con un rapido movimento Yarek ruotò il bastone e i guerrieri caddero immediatamente a terra privi di sensi. Zaney aveva osservato la scena e si preparava al peggio. Il vecchio lo vide ed i loro occhi si incrociarono. Il colonnello notò però qualcosa che lo sorprese; oltre all’aria di sfida il vecchio denotava un altro sentimento: paura. Ma paura di che ? Yarek puntò verso Zaney il bastone ed il militare sentì le braccia e le gambe bloccarsi istantaneamente. “Accidenti, di nuovo” pensò. Il vecchio ora rideva sicuro dei suoi poteri e tornò a puntare il bastone su Sandokan. La Tigre era ancora con la scimitarra in aria e Yarek gli ordinò di ruotare la spada e di colpire a morte la principessa Marianna. “Non hai voluto ascoltarmi, Sandokan, ti avevo detto di andartene, ma non mi hai dato ascolto. Ora pagherai con la vita, ma prima ucciderai la tua amata”. Detto questo, comunicò mentalmente alla Tigre di dirigersi verso Marianna…Sandokan cercava di resistere, ma il potere del vecchio era insostenibile. Con piccoli passi cominciò ad avvicinarsi alla Perla di Labuan. Zaney soffriva terribilmente a vedere l’amico che poco a poco si dirigeva a compiere il macabro gesto, ma non riusciva a muoversi. Il cervello funzionava a pieno regime, ma non riusciva a trovare soluzioni. Sembrava che per la Perla non ci fosse alcun ancora di salvezza…“Non dimentichi mai che ha la pietra, colonnello, …il bene al di sopra di tutto”; la frase gli rimbombò improvvisamente nella testa…la pietra…che idiozia, lui, il colonnello Zaney, che credeva ad un amuleto religioso…ma perché no ??? Zaney cominciò a pensare intensamente alla lacrima della dea Kalì che aveva in tasca e come d’incanto le dita cominciarono a muoversi e le braccia a sbloccarsi lentamente. Il vecchio se ne accorse e tornò nuovamente a puntare il bastone verso il colonnello, ma i movimenti continuavano sempre più fluidi. Yarek ora aveva paura. Zaney finalmente riuscì a mettere la mano in tasca ed a tirare fuori faticosamente la pietra. Fatto ciò la puntò sul santone che cercava di opporre la sua volontà al colonnello. L’ufficiale sentiva che piano piano stava riacquistando le forze, ma il vecchio era ancora forte e la lotta era in bilico. Yarek però stava concentrando sempre più forze contro Zaney e non si rese conto che la Tigre si era fermata e stava riacquistando le proprie facoltà. Zaney se ne accorse e cercò di concentrarsi ulteriormente per distrarre il vecchio…e come d’incanto, Sandokan con un balzo superò Marianna e decapitò Yarek. Marianna era salva. Zaney si accasciò esausto, mentre i tigrotti si riprendevano ed andavano ad aiutare i commilitoni impegnati all’esterno. Dopo pochi minuti infatti si sentì l’urlo di vittoria. I seguaci della dea Kalì erano stati sterminati. Zaney si rialzò mentre Sandokan liberava Marianna, ma mentre si avvicinavano a lui improvvisamente si bloccarono e così i tigrotti che stavano entrando nella sala del  tempio. “No, di nuovo” pensò Zaney,e l’occhio corse al cadavere del vecchio che però rimaneva in posizione esamine. “E’ inutile, sono stato io.” disse una voce conosciuta alle sue spalle. Il colonnello si girò e si trovò di fronte …Alì Carbell. “Tu ?” disse sempre più sorpreso. “Si, io. Come vede , signor Zaney, anche stavolta il bene ha trionfato.”. “Ma tu chi sei veramente?” chiese il colonnello “aspetta, non dirmelo, il bene….il potere del bene…mica sarai…” . “Voi mi chiamate in tanti modi: Dio, Allah, Buddha…ma sono sempre io, l’unico e solo Bene, energia allo stato puro”. “Sto sognando” pensò Zaney. “Non stai sognando, colonnello. Solo che avevi bisogno di una piccola lezione. Non si può risolvere tutto con…come dicevi, una calbro nove”. “Io sono il Bene, Yarek era il Male, ma alla fine …il bene al di sopra di tutto…ed a proposito di bene eccoti il kriss che hai usato nei giorni scorsi…lo dono a te perché se no verrà usato da qualcuno per farsi del male…vai Zaney, torna a casa…”. Il tempio scomparve in un lampo ed il colonnello si ritrovò nella sua stanza a Londra … con in mano il coltello ricurvo. “Chissà a chi si riferiva quando parlava di quello che si sarebbe fatto del male con questo pugnale”. L’occhio andò sul giornale aperto sul tavolo…l’articolo risaltava in evidenza nella pagina culturale: “Cade oggi l’anniversario della morte di Emilio Salgari, uno dei più famosi e stimati scrittori deceduto per cause naturali il…..”.

FINE