Il Carnevale di Venezia
Valentina Rosi

 

La casa era assolutamente stupenda. Era una casa signorile, in tipico stile veneziano, che si affacciava sul pittoresco Canal Grande. L’interno della dimora non era da meno. Era stata arredata in modo sapiente da un  mano nobile e gentile. Sul pavimento grandi tappeti persiani e le pareti erano affrescate; le finestre erano contornate di finissimi pizzi e nel centro del salone principale troneggiava un superbo lampadario naturalmente in vetro di Murano, molto imponente, quantunque il soffitto fosse abbastanza basso.

I due signori che erano venuti ad abitare questo luogo erano giunti a Venezia da poco, dopo un lungo viaggio che gli aveva fatto attraversare tutto l’oceano e il mar Mediterraneo.

Lui era un uomo alto, bello, anche se con una bellezza strana, in quanto aveva dei lunghi capelli nerissimi che contrastavano fortemente con la sua carnagione decisamente pallida. Indossava un favoloso vestito di ottima foggia, dello stesso colore dei suoi capelli. I suoi occhi, neri anch’essi, magnetizzavano chi incontrava quel formidabile sguardo, inoltre indossava un cappello con una gran piuma  e infine dal fianco gli pendeva una magnifica spada.

Lei era profondamente diversa. Aveva un viso dolce e aggraziato, magnifici capelli d’oro erano racchiusi da un fermaglio estremamente ricco, l’unico altro gioiello era una collana di perle; il vestito non era eccessivamente elaborato, ma  di gran gusto e le tinte pastello delle sue trine si accompagnavano con il suo colorito tenue.

« Honorata, tesoro mio, sei contenta di essere qui?»

« Certo Emilio, anzi è più di ciò che mi sarei immaginata solo pochi anni fa»

Ci fu un attimo di silenzio, poi Honorata riprese:

« Emilio, io ti devo ringraziare»

« Per cosa?»

« Per aver fatto tutto questo per me»

« L’ho  fatto per te, ma anche per me. Ricordi che abbiamo deciso  di cambiare vita? Così siamo partiti dai Caraibi, dove io ho lasciato la mia vita di corsaro. La vita che conducevo non è adatta ad un uomo sposato, e poi volevo conludere la scia di sangue e vendetta che mi aveva portato alla Tortue e a Maracaibo: tutte le guerre di corsa, gli arrembaggi, i morti. I morti: troppi! Cominciando dai miei tre fratelli e fino ad arrivare a tuo padre, senza contare tutti gli spagnoli e i compagni della filibusta. L’unico modo era ricominciare da capo, in Europa, ma non nelle mie terre, mi avrebbero causato troppo dolore, troppi ricordi; e nemmeno nella tua patria, molto meglio un luogo dove nessuno abbia mai sentito il nome dei Wan Gult o dei Ventimiglia, e ancor meno del Corsaro Nero».

Questa frase era stata pronunciata con un tal tono, una tale convinzione, un tal impeto, che Honorata si spaventò, ma tosto l’ex corsaro ritornò in sé.

« Scusami, ma quando ricordo il passato mi assale ancora l’antica rabbia…»

« No, non devi far così, siamo venuti qui a dimenticare e a ricominciare da capo»

« Hai perfettamente ragione. Perdonami».

Si presero per mano e si sedettero sull’ottomana. Tutto era tranquillo, fuori si sentiva solamente il fruscio di una barca che scivolava velocemente sull’acqua turchina del canale. Era un momento magico, ma improvvisamente qualcuno bussò energicamente al portone.

 

 

Emilio andò ad aprire.

Si trovò dinnanzi un bell’uomo, alto, chiaro di carnagione e di capelli; ma nel suo aspetto c’era qualcosa che stonava. I lineamenti del viso erano un po’ troppo spigolosi e gli occhi troppo vicini; ma il suo aspetto era quasi principesco. Ciò si notava dal vestito che indossava e dai suoi modi, decisamente aristocratici.

Il giovane si presentò come un duca danese, che da anni risiedeva a Venezia per lo stupendo clima, ma che solo da due giorni era il felicissimo vicino di casa di quella fortunata coppia.

Il duca concluse quella sua visita di cortesia con un: «sarei oltremodo onorato se questa sera foste miei ospiti ». Quello che fu il Corsaro Nero rimase alquanto imbarazzato, dato che in vita sua mai aveva ricevuto un invito del genere e, non essendo mai stato un diplomatico in tali faccende, non sapeva neppure come rispondere. Per fortuna lo trasse di impaccio Honorata, la quale ringraziò per l’invito, ma che erano costretti a declinarlo per un impegno precedente. Per riparare, la fanciulla propose per la sera successiva un rinfresco e successivamente di passeggiare per la città e partecipare ai festeggiamenti per il Carnevale. Il duca approvò la magnifica idea e si congedarono cordialmente.

Appena chiusa la porta Emilio disse: « Quell’uomo non mi piace»

« Perché?»

« Non saprei con precisione, ma ha qualcosa di sfuggente»

« Io invece non ci trovo nulla di strano»

« Meglio per te. Comunque starò in guardia»

« Insomma, non puoi essere sempre così sospettoso. E poi di cosa ti preoccupi, non abbiamo più nemici e nessuno sa che siamo qui»

« Credo che tu abbia ragione. Ogni tanto si riaccende in me un antico istinto che non dovrei ascoltare. Non riesco ancora ad avere una vita completamente normale. Aiutami Honorata»

« Bene. Potresti cominciare dall’aspetto. A me non incuti nessun timore, ma alla gente che ti vede per la prima volta si; probabilmente sul duca hai avuto questo effetto, e la sua reazione ha avuto degli altri risvolti nel tuo animo. Quindi propongo di vestirti in modo più consono: non sei più il capitano di una nave pirata; inoltre con dei colori diversi dal nero, sei decisamente troppo tetro »

« Ma è anni che mi vesto così. Posso dire che ci sono affezionato»

« Nessuno te li butterà via, e poi ti ricordano sempre il tuo passato. Non avevi detto che volevi dimenticarlo e cominciare una nuova vita?»

« Hai ancora perfettamente ragione. Scusami»

 

 

Quella sera Honorata si presentò con un magnifico vestito con gonna ampia di seta rosa pastello, adorno di nastri gialli e azzurri, portava inoltre ricchi gioielli, in particolare la collana e gli orecchini, i quali erano stati sicuramente realizzati con ottimo gusto e da una mano molto esperta. Emilio invece indossava un completo di un bordeaux intenso, corredato da una camicia candida con pizzi. Questo nuovo abbigliamento faceva risaltare i suoi magnifici capelli corvini. Fino a quel momento non si erano mai notati così tanto e per questo sua moglie ne fu molto soddisfatta.

Poco dopo arrivò il duca, anch’egli estremamente elegante.

Il tempo del rinfresco passo piacevolmente. Quando la conversazione stava per scemare, Honorata finalmente propose di scendere per andare a godersi lo spettacolo del Carnevale. Il duca si scusò di non potersi aggregare, ma da un po’ gli doleva terribilmente il capo, forse perché aveva bevuto troppo vino, del quale non era abituato. Rimasero entrambi un po’ dispiaciuti, ma uscirono lo stesso per andarsi a godere quella festa, per loro completamente nuova.

Prima di uscire però Emilio prese con sé anche la spada. Stavolta sua moglie non poteva dirgli nulla: le strade sono sempre pericolose.

 

 

Per le calli della città, sui ponti, sulle barche, ovunque si guardasse si vedevano delle magnifiche maschere, di tutte le forme, colori, decorazioni ed espressioni. Era uno stupendo spettacolo: Honorata era completamente entusiasta, mentre Emilio si sentiva leggermente a disagio. Honorata se ne accorse e ne chiese la ragione « Mi inquietano un po’, ecco tutto».

All’improvviso una di queste sbucò da un vicolino di fronte ai due coniugi. Era vestito come un cavaliere. Nel qualmentre il resto della via divenne deserto, con grande turbamento di Emilio, mentre Honorata credeva fosse uno scherzo.

Il cavaliere misterioso sfilò la spada e si mise in guardia, senza dire una parola. Emilio lo imitò. I due cominciarono a scambiarsi qualche stoccata, come se stessero provando la solidità delle rispettive lame. Poi inaspettatamente il cavaliere (se si può chiamarlo tale) diede un affondo ed Emilio, che di quell’arte era un grande esperto, riuscì a schivare il colpo, anche se la punta dell’avversario riuscì a strappargli la manica della giacca. Il misterioso personaggio adoperava una spada vera, ciò confermò i presagi del nobile ligure e sua moglie dovette ricredersi, anzi, cominciò a preoccuparsi. A questo punto Emilio si avvolse intorno al braccio il mantello da passeggio e cominciò il duello vero e proprio. I due contendenti avevano entrambi un buon gioco e impartivano dei colpi magnifici, anche se un occhio esperto avrebbe potuto notare che appartenevano a due scuole diverse, l’uno si muoveva con tocco raffinato, elegante e molto preciso, l’altro era più appariscente e goffo, ma comunque molto efficace. Lo scontro durò a lungo, in quanto erano pieni di risorse, coraggio, tenacia e anche di colpi segreti. Sorprendentemente il cavaliere si sedette e si arrese. Doveva essere molto stanco, soprattutto dopo aver combattuto così a lungo con un costume molto ingombrante e pesante, ma sicuramente anche per il formidabile avversario con cui si era battuto, infatti disse: «Siete un avversario troppo forte per me. »

« Anche voi non siete da meno e io vi ammiro»

« Grazie. Ne sono profondamente lusingato. Eh, è stata dura, anche se mi avevano avvertito riguardo alle vostre doti nella scherma»

«Cosa…» Emilio non ebbe il tempo di finire la frase che il cavaliere proseguì.

« Non siete voi il Corsaro Nero?»

A questo punto il volto di Emilio acquisì un’espressione orribile, impossibile da descrivere. Si era fatto livido e fremente di rabbia, ma anche di stupore. Allora urlò con un accento spaventevole: « Chi sei? Che cosa ci fai qui? E… e come fai a sapere chi sono io. Tutto ciò è impossibile! Se non mi rispondi ti uccido con le mie mani». E in un attimo mise le sue mani intorno a quelle del disgraziato e nel contempo gli strappò dal viso la maschera che ancora copriva la sua identità. Sotto vi si celava il duca, presunto nuovo vicino di casa.

« Tu?»

« Si nobile signore, sono io. Lasciate che vi spieghi »

« Parla»

« Ebbene. Ricordate anni fa, nel mar dei Caraibi, quando imperversava una terribile tempesta? Voi, sulla vostra Folgore, stavate combattendo una terribile battaglia contro il mio padrone Wan Gult. Ricordo bene quella notte d’inferno e poco prima che tutto saltasse in aria il capitano mi chiamò. All’epoca ero poco più che un ragazzo ed ero il mozzo della nave; Wan Gult mi trattava come un figlio dopo aver perso la sua Honorata chissà dove, così riversava tutto il suo affetto su di me. Io gli ero molto affezionato perché praticamente mi ha fatto da padre. Quell’ultima notte mi chiese di cercarvi in tutto il mondo, per poi uccidervi.Io risposi affermativamente: come potevo negarglielo. Ma da quando vi ho visto per la prima volta, qualcosa in me è cambiato: avete un aspetto gentile e generoso, e poi ho visto con quanto ardore amate e siete amato dalla vostra bella moglie. Sarebbe stato troppo doloroso farla soffrire in tal modo »

Emilio lo interruppe un attimo.

« Quindi in teoria questa sera avreste potuto mettere nel mio vino un potente veleno e …»

« Certo, era una possibilità, ma questo sarebbe stato tradimento»

« Ciò vi fa onore. Ed ora permettetemi di fare a voi una rivelazione. Mia moglie è Honorata di Wan Gult, ritrovata da me dopo la terribile notte»

« Quale errore incommensurabile avrei commesso! Vi prego di perdonarmi signore; farò tutto ciò che vorrete»

« Mi contenterò che tu diventi mio servitore»

« Veramente lo desiderate?»

« Sicuro, e anche Honorata ne sarà felice»

Honorata annuì con un enorme sorriso e propose di recarsi in centro per godersi il resto della festa, ma Emilio denigrò l’invito: « Troppe emozioni per questa sera».

E tutti e tre si diressero verso la strada di casa.

 

FINE