Il Segreto di Teotokris
Corinne "La Perla di Labuan" D'Angelo
Felice Pozzo



Imbarcandosi sul praho sospirò vistosamente. Era consapevole di non aver trascurato nulla. Teotokris era sparito dalla faccia della terra e nessun cacciatore di taglie o cercatore di piste eventualmente sguinzagliato da Yanez e da Sandokan avrebbe potuto risalire sino a lui. La brezza che rinfrescava i suoi nuovi lineamenti parve per un attimo sua complice.
Persino il mare su cui avrebbe trascorso parecchie settimane di viaggio era in quel momento particolarmente calmo e invitante. Gli parve un ottimo presagio. Sul ponte non c'erano che quattro persone d'equipaggio. Avvolta in un logoro mantello una donna anziana giaceva a poppa, sorda a ogni rumore.
Dormiva saporitamente.
O almeno così sembrava...

In realtà, un attento osservatore avrebbe potuto notare come quel “sonno” fosse tutt'altro che profondo e come la donna aprisse di tanto in tanto un occhio e il suo sguardo acuto, come quello di una giovane, si posasse sull'uomo che passeggiava, immerso nei suoi pensieri, sul ponte. Se questi aveva fatto ricorso ad un perfetto e drastico travestimento per sfuggire al suo implacabile inseguitore, quella donna non era certo stata da meno in astuzia. Aveva imparato dal "fratello" Yanez la sottile arte dell'impersonare il più improbabile dei personaggi per arrivare dritta sotto il naso del nemico. Ora, sotto il mantello, accarezzava una corta pistola, aspettando il momento giusto per agire, per prenderlo in trappola, ancora qualche momento, mentre i presunti marinai si avvicinavano al traditore...

Di molte cose Teotokris poteva essere accusato, però nessuno aveva mai nutrito dubbi sulla sua perfida ma vigile astuzia. Il suo sguardo, quasi all'improvviso, si distolse dalle acque limpide del mare e si fissò sulle persone a bordo del praho. Perché i malesi dell'equipaggio, anziché provvedere con rapidità a salpare, come era stato convenuto, pareva che esitassero e da più parti si avvicinassero a lui tentando di non farsi notare? E perché una donna a bordo, quando il legno era stato acquistato unicamente per una fuga veloce e segreta? Un'altra rapida occhiata gli consentì di notare che la donna teneva le mani nascoste e che il suo corpo non era rilassato come quando si dorme, ma raccolto e pronto a balzare.
Senza esitare si tuffò tra le onde e a rapide bracciate si diresse verso la vicina spiaggia, dove ancora era il suo cavallo.

"Maledizione!" esclamò l'anziana donna, che era in realtà una fanciulla, colei che chiamavano, per la somiglianza incredibile con la giovane che un tempo era stata la sposa del prode Sandokan, "La Perla di Labuan", anche se molte miglia e molto mare distava quell'isoletta malese. Subito liberatasi dagli abiti strappati, la giovane si avvicinò al parapetto della nave osservando la figura che nuotava tra le onde. Un lampo le attraversò lo sguardo, segno che la sua mente sveglia era al lavoro e stava passando in rassegna le varie opportunità. Il traditore era stato così vicino!
Accanto a lei, uno dei suoi uomini imbracciò un fucile e stava per prendere la mira contro l'uomo in mare, ma lei, accortasi del gesto, gli abbassò imperiosamente l'arma, annunciando fermamente: "Noi non assassiniamo i nostri nemici alle spalle!
E poi, con un sorriso: "Ci sarà un'altra occasione in cui riusciremo a prenderlo, non e' il caso di macchiare così ora il nostro onore. Presto, lanciate un razzo di segnalazione, quello rosso di pericolo. Forse i nostri uomini a terra riusciranno a bloccargli la fuga, o almeno a rallentarla tanto da permetterci di sbarcare."
E così, dopo aver dato un'ultima occhiata al traditore che si allontanava, si girò verso la ribolla del timone, pronta a prendere personalmente il comando della nave...

Nuotando con vigore nel breve tratto che lo separava dalla spiaggia, Teotokris si chiedeva con ira e umiliazione dove e quando il suo piano di fuga, apparentemente perfetto, era fallito. Ma non era quello il tempo per le considerazioni. Più tardi ci avrebbe pensato e se qualcuno aveva tradito, avrebbe trovato la morte nel modo peggiore. Il cavallo non si era allontanato dalla spiaggia e il greco lo raggiunse di corsa, balzò in sella e lo spinse al galoppo. Girando lo sguardo verso il praho, vide un razzo rosso saettare verso il cielo. Un segnale! Dunque qualche uomo di Sandokan, se non interi drappelli, erano disseminati nelle vicinanze. Doveva assolutamente evitarli perché il tuffo improvviso gli aveva impedito di portare con sé armi da fuoco. Con la destra carezzò l'impugnatura del kriss che teneva nella fascia: poca cosa, ma pur sempre un'arma formidabile in un corpo a corpo.
Toltosi dalla vista degli uomini del praho, anziché galoppare verso l'interno, mantenne il cavallo tra gli alberi costeggiando il mare. Lì, forse, non l'avrebbero cercato, almeno per il momento.
L'unica via di fuga, pensò, rimaneva... il praho. Non vi erano che quattro uomini e una donna. Confidando sulla sorpresa e con il favore delle tenebre, avrebbe potuto tentare il tutto per tutto. Su quel legno, d'altronde, era rimasto il suo bagaglio, che conteneva qualcosa per cui valeva la pena rischiare la vita...

La fanciulla continuava a passeggiare sul ponte del praho, ora ancorato in una piccola cala. Aveva la fronte aggrottata e i suoi occhi tradivano la stizza per essere stata, almeno per il momento, giocata. Per quanto tempestivo fosse stato il segnale ai suoi uomini, non si era trovata traccia del greco. Il sole stava calando e le ricerche, col buio, sarebbero state ancora più difficili.
"Che fare?" pensava.
Uno dei suoi fidi le si accostò:"Ancora nessuna notizia del greco. Dobbiamo abbandonare la missione?"
"Neanche per sogno! Lui dev'essere ancora qui, lo sento. Anche se ha cambiato identità, questo posto e' diventato troppo scottante per lui ora che conosciamo la sua nuova identità. Non può permettersi di restare."
Come fulminata da un pensiero, ripeté le parole da lei poco prima pronunciate: "non può permettersi di restare".
"E' vero! Che sciocca sono stata! Lui proverà a tornare a bordo! E' sera, qui siamo in pochi e il veliero è abbastanza piccolo da poter essere manovrato anche da una persona sola. Tenterà di salire a bordo e di levare l’ancora, e' questo il suo piano!!!" - sussurrò eccitata all'uomo che gli era accanto e che seguiva impassibile quel susseguirsi di pensieri sulle labbra della ragazza.
"E ora… ora sì che ho un piano!" - esclamò infine, esultante. "Accompagnami nella stiva, ma prima accertati che non ci sia che una luce a poppa, a illuminare la scena, e nessuno sul ponte."
Accertatasi che tutto fosse in ordine, la ragazza scese nella stiva...

Il greco si scosse dal torpore udendo scalpitare il cavallo. Scostò le fronde del suo nascondiglio e si guardò intorno. Nessuno. Era riuscito a prendere sonno ed ora il sole non aveva lasciato che chiazze rosate all’orizzonte.
Sorrise pensando che dormire mentre chissà quanti nemici lo stavano cercando era sintomo di enorme calma e freddezza.
“Che il mio nome sia Teotokris oppure Luoga, poco cambia”- mormorò alludendo alla sua nuova identità- “e non cambierà neppure con il terzo nome che ho già pronto con i relativi documenti…”
Si alzò nella penombra e guardò il mare. Il praho era appena riconoscibile, in lontananza. Non avrebbe avuto troppe difficoltà a raggiungerlo a nuoto, non appena fosse scomparsa anche l’ultima traccia di luce. Decise di lasciare il cavallo dov’era, impossibilitato a muoversi dalle redini fissate alla vicina scogliera.
“Ci mancherebbe che tornasse in vista del praho rivelando la mia presenza- pensò- E se strappasse le redini? Forse dovrei ucciderlo…”
Impugnò il kriss, mentre la povera bestia continuava a scalpitare.
“Cosa ti succede, mi leggi nel pensiero?” - mormorò. Notò poi che le onde toccavano già le sue zampe, finendo la corsa dove prima non c’era che una distesa di sabbia.
“Bene, penserà l’alta marea a questo stupido animale.”
Agilmente uscì dal nascondiglio, raggiunse strisciando la scogliera e si immerse nelle tiepide acque che stavano in quel momento rubando un altro metro alla spiaggia. Nuotava vigorosamente, emergendo solo per respirare e controllare che il praho non prendesse il largo.
“Probabilmente saranno tutti svegli, date le circostanze. Se il demonio sarà dalla mia, invece, non avranno lasciato che una sentinella sul ponte mentre gli altri staranno già dormendo credendomi lontano. Compresa quella donna. Chi potrà mai essere? Chi diavolo potrà mai essere, per tutti gli dei!! Giovane o vecchia che sia e qualunque cosa abbia intenzione di fare, nessuno resterà vivo sul quel legno!”
Così pensava Teotokris o Luoga che dir si voglia, mentre il praho, sempre immobile, appariva sempre più vicino.

E forse il demonio era realmente dalla sua, quella notte, perché, mettendo piede a bordo, dopo essersi issato più silenzioso di un gatto, aggrappato alla corda dell’ancora, non scorse che un’ombra, che passeggiava sul ponte da prua a poppa e poi tornava indietro.
“Un uomo solo veglia!” – mormorò con un sorriso crudele.
L’ombra ad un certo punto si avvicinò all’unica lanterna accesa sul praho, permettendo all’uomo che l’aveva creata di materializzarsi alla luce. Questi sembrò controllare che fosse in ordine, poi sparì nel boccaporto di prua.
Teotokris, nascosto nell’ombra dietro ad una massa di cordami, aspettò diversi minuti la ricomparsa dell’uomo e ad un certo punto fece un gesto di stizza, perché aveva pensato di potersi sbarazzare subito dell’uomo e invece questi, con la sua assenza, gli faceva perdere del tempo prezioso.
“Che sia andato a dormire? Possibile che le Tigri di Mompracem si siano circondate di simili incapaci uomini? Beh, tanto meglio per me e peggio per loro!”
E così confabulando tra sé, ma senza smettere di far attenzione al minimo rumore, si avvicinò anch’egli al boccaporto di prua, lo aprì cautamente e gettò al suo interno un rapido sguardo. Buio e silenzio erano gli unici abitanti di quel corridoio che portava nelle viscere del piccolo vascello.
“Devo decidermi, ne va della riuscita dell’impresa!”
Cominciò a scendere le scale, perché doveva assolutamente sbarazzarsi della sentinella se voleva impadronirsi della nave e più tempo passava, più qualcun altro poteva decidersi a venire a controllare che tutto fosse in ordine.
Dopo un tempo che gli parve interminabile, ma che non doveva esser stato che di qualche minuto, si ritrovò dinanzi alla porta della stiva. Era socchiusa e da essa proveniva un leggero bagliore, un lume vi era stato acceso, ma gettando all’interno uno sguardo, Teotokris non scorse la presenza di alcuno.
“Dove sarà mai?”
Aveva fatti pochi passi nella stiva, e stava ancora rimuginando su dove potesse trovarsi la sentinella, quando sentì alle sue spalle il *click* caratteristico di una pistola che veniva armata, e, girandosi, vide dinanzi a sé quella pistola sorretta con mano ferma da una fanciulla che lo apostrofò con voce beffarda dicendogli:
“La vostra astuzia deve avervi abbandonato, messer Teotokris, se siete caduto così facilmente nella mia trappola. Arrendetevi, ormai siete nelle mie mani!”

Il greco si girò velocemente pronto a colpire con il kriss ed il suo sguardo si posò sul viso della giovane donna, ben visibile nonostante la luce fioca. Allora trasalì, indietreggiò di alcuni passi e l’arma gli sfuggì di mano. Rimase per qualche attimo come folgorato, poi allungò le braccia e parve voler accarezzare quel viso bellissimo o quella capigliatura bionda che scendeva in pittoresco disordine, come una pioggia d’oro, sul candido abito.
“Tu!” – mormorò- “Marianna! Non è possibile! Sei un fantasma…il fantasma della Perla di Labuan!”
“V’ingannate, sono così vera che potrei spararvi al cuore fra un secondo!”
“Così giovane…gli anni non sono trascorsi che per me, dunque? Com’è possibile!”
“Credo che abbiate preso un abbaglio! Io non vi ho mai conosciuto e se è per questo nemmeno Marianna Guillonk ha mai avuto a che fare con un furfante come voi! Arrendetevi vi ho detto!”
I quattro uomini del praho erano intanto usciti dal buio e lo avevano circondato, pronti a intervenire, ma Teotokris nemmeno li vide e continuò a fissare la ragazza, come stregato.
”E’ vero” - sussurrò poi- “non potete essere lei. Siete forse sua figlia? Sua e di…di..”
“Di Sandokan, volete dire? Vi fa paura persino il suo nome!”
“Siete sua figlia?”
“Non è affar vostro!”
“Poteva esserlo però, se solo…”
“Quanti misteri, signor Luoga o meglio signor Teotokris. Vi arrendete dunque?”
“Mi arrenderò se risponderete alla mia domanda. Dopo tutto ho il diritto di saperlo perché io ho amato Marianna molto tempo prima che conoscesse quel pirata e se….”
S’interruppe, rendendosi conto di aver rivelato un segreto che per troppo tempo aveva chiuso dentro di sé: il terribile segreto che, nonostante tutte le apparenze, era stata l’autentica ragione del suo odio verso Sandokan ed i suoi amici, l’unico motivo che l’aveva spinto a ogni genere di tradimento e di crudeltà pur di sconfiggere la Tigre della Malesia.
“L’avete amata, avete detto? E quando?” - chiese la fanciulla.
“Sono io ora a dirvi che non è affar vostro, quantunque la vostra somiglianza mi faccia pensare che ne siate la figlia..”
“Parlate, Teotokris, perché avevo già intuito il vostro segreto!” - Così dicendo trasse da una tasca un ingiallito ritratto e lo mostrò al prigioniero. Raffigurava Marianna Guillonk all’età di undici o dodici anni, già radiosa e graziosissima.
“Avete frugato nel mio bagaglio!” - gridò furioso il greco.
“E vi ho trovato questo, infatti, una cosa per cui rischiereste la vita, non è così? –chiese sorridendo la giovane-Tanto vale che mi diciate la verità oppure racconterete le vostre fandonie a Sandokan, di fronte al quale sarete portato legato come un salame!”
“Fandonie?! Voi non sapete quello che dite! E’ la pura verità!”- gridò ancora Teotokris, esasperato.
Chinò poi il capo e rimase in silenzio. Parve riacquistare un po’ di calma, respirò profondamente e cominciò a parlare, fissando gli occhi in quelli della ragazza come se volesse ipnotizzarla.
”Avevo tredici anni quando mio padre mi portò dall’isola dove sono nato sino a Napoli. Fu lì che la conobbi e iniziai a frequentarla, a giocare con lei, a trascorrere intere giornate in sua compagnia. Non aveva che undici anni ed era già stupenda. Me ne innamorai perdutamente. Rimasta orfana, fui io a consolarla. Le chiesi di amarmi… ma lei rifiutò. Voleva solo la mia amicizia, nulla più. Poi arrivò un suo zio, James Guillonk e la prese con sé per condurla in Borneo. Io mi arruolai come mozzo pur di seguirla. Per tre anni zio e nipote vissero sui mari tra cruente battaglie, tra sangue e morte. E io sempre accanto a Marianna che però non accettava il mio amore. Mi bastava stare con lei e più di una volta le ho salvato la vita da quei maledetti pirati malesi! Un giorno però lord James, stanco di carneficine e di pericoli, abbandonò il mare e si stabilì a Labuan. Per me non c’era più posto. Marianna stessa, stanca e turbata dalla mia vicinanza e dalla mia passione sempre più incontenibile, mi pregò di dimenticarla e mi disse di non cercarla mai più. Non la cercai, infatti, ma neppure la dimenticai. La spiavo, non la perdevo mai di vista. Ed è così che l’ho veduta cadere nelle braccia di quel pirata dannato, l’ho vista seguirlo a Mompracem, l’ho vista morire…”
Fu un singhiozzo quello che inaspettatamente ruppe la voce del greco? Difficile dirlo, perché l’uomo, visibilmente sconvolto, alzò il capo e la voce.
“Non avevo il diritto di vendicarmi? Se fosse rimasta con me sarebbe ancora viva! Capite ora? Riuscite a capire?”
“Ma dimenticate un particolare importante” - disse la fanciulla a voce bassa, anch’essa turbata da quel segreto durato troppo tempo– “e cioè che Marianna non vi ha mai amato!”
Improvvisamente si sentì uno scalpitare proveniente dalla spiaggia vicina e poi un nitrito che ebbe l’effetto di una piccola bomba in quell’ambiente buio e saturo di emozioni violente, passioni antiche, così vive da potersi quasi toccare.
Il greco approfittò della sorpresa generale per afferrare la pistola, stringere a sé la fanciulla e allontanarsi di tre passi dai malesi.
”Non succede nulla, amici!” - gridò con voce trionfante – “E’ solo il mio cavallo che si è liberato ed ha liberato anche me. Per chi avesse la vista corta ho la pistola puntata alla testa di questo giovane fantasma d’un amore perduto e non esiterò a rimandarlo all’inferno dal quale è scappato. Gettate tutte le armi! Si va sul ponte e si parte!”

I quattro uomini d’equipaggio, a quell’audace colpo di mano del greco, erano rimasti momentaneamente sorpresi, guardandosi poi impotenti gli uni con gli altri e gettando alla ragazza strani sguardi pieni d’incertezza.
“Non mi avete sentito? Tutti in coperta e levate l’ancora!”
La ragazza aveva fatto un rapido cenno ai suoi uomini, e questi si erano dunque affrettati a salire la scala per tornare sul ponte.
“E ora tocca a te, fanciulla! Avanti, muoviti, e non tentare scherzi!” – avvertì l’uomo, minaccioso.
La fanciulla, sempre sotto il tiro della pistola del greco, salì le scale, lentamente, giungendo poi a respirare la fresca brezza della notte. I suoi uomini stavano già svolgendo le vele del praho, senza fiatare, gettando solo di tanto in tanto degli sguardi alle due figure ritte sul castello di prua.
“E adesso, messer Teotokris? Che cosa volete farne di me? Non penserete certo di tenermi prigioniera a lungo!” – disse la giovane.
“T’illudi! Ho giocato altre volte Sandokan e i suoi amici e potrei farlo ancora senza difficoltà. Anzi, tenendoti mia prigioniera mi guadagnerei un valido lasciapassare per le Tigri di Mompracem e sarei sicuro di far impazzire di rabbia e di preoccupazione quel maledetto Sandokan, perché sospetto che tu gli sia molto cara! E’ così, non è vero?”
La ragazza inizialmente non rispose, poi disse, guardandolo fisso negli occhi: “Siete un esaltato, Teotokris, e troppo sicuro di voi, e questo fatto vi perderà!”
“Che ne sa una fanciulla come te? Quali esperienze puoi aver fatto tu, così giovane, per potermi….”
Si era interrotto perché, pur essendosi distratto durante la discussione, un sospetto si era fatto largo nel suo subconscio, dandogli l’allarme. C’era qualcosa che non andava!
“Non ci stiamo affatto movendo, maledizione!”
“Ma pensavate davvero che vi avrei lasciato fuggire?” – esclamò la ragazza con un sorriso di superiorità.
“Potete uccidermi” – riprese – “ma ormai non avete più tempo o modo di andare via. Sin da quando siete sceso nella stiva sono stati fatti segnali ai nostri uomini a terra perché venissero a darci man forte, e c’e’ una nave che incrocia all’imboccatura della baia. Mio compito era principalmente quello di prendere tempo e ci sono riuscita. Anzi, a questo punto, penso di potervi presentare l’ideatore di questo agguato. Giratevi, messer Teotokris” – aggiunse beffarda – “e potrete rivedere una vecchia conoscenza!”

Il riso allegro di Yanez rese vana la sorpresa e quando Teotokris si girò, sempre stringendo la fanciulla, il portoghese gli sorrise amabilmente.
“Ci si rivede, vecchio briccone, anche se quel brutto muso che avete ora è assai peggiore dell’altro!”- disse.
“Yanez de Gomera!- esclamò il greco- E dove c’è la Tigre Bianca c’è anche…”
“Sandokan, volete dire? V’ingannate, signor Luoga o se preferite signor Callodi! Per un avversario come voi la Tigre della Malesia non si scomoda di certo!”
Così dicendo Yanez fece un cenno ai malesi che subito iniziarono a gettare grossi pezzi di carne in mare. Il greco guardò per un momento la scena.
“Volete richiamare gli squali!- disse poi- Ma io non intendo ritentare la fuga in mare. In quanto ai nomi che avete detto…
“Vi stupite che io conosca anche la vostra falsa identità di riserva?- chiese Yanez- Ma caro briccone, sapete già che il vostro bagaglio è stato saccheggiato e che tutti i documenti da voi religiosamente conservati sono ora in nostra mano!”
Per un attimo il greco rimase immobile. Si sentiva perduto. Ogni suo tentativo di crearsi una nuova vita e una nuova identità era stato inutile e sapeva bene che non gli sarebbe più stato possibile ottenere altri documenti.
“So a cosa state pensando- riprese Yanez- Avete ingaggiato separatamente i due falsari più abili di questa parte di mondo e vi siete creato altrettante identità da usare al momento opportuno. Poi avete ucciso quei vostri degni compari per far sparire ogni traccia. Ora nessuno al mondo potrebbe aiutarvi, perché le voci corrono e poi- aggiunse accennando al mare, dove già le acque tutto intorno al praho erano agitate da dozzine di squali- non vedo proprio dove potreste scappare!”
“Ma io ho ancora una possibilità!- gridò il greco furiosamente- Mi basterà premere questo grilletto e di questa spavalda ragazza non resterà che il ricordo!”
Così dicendo prese a indietreggiare, per poter meglio guardare il mare quasi a controllare la situazione. Ogni piccolo spazio di acqua pareva abitato dalle feroci tigri dell’oceano, attirate da nuovi lanci di carne effettuati senza risparmio dagli uomini dell’equipaggio.
“Ebbene- gridò il greco, visibilmente impressionato- non mi resta che mandare all’inferno questa dannata reincarnazione della Perla di Labuan…”
“Eccola!”- esclamò lei, mentre Yanez, impallidito di fronte a quell’estrema minaccia, non osava muovere un dito. Così dicendo la fanciulla aveva nuovamente estratto dalla tasca il ritratto di Marianna e lo aveva messo bene in vista.
“Mi appartiene!”- gridò il greco, agitando la mano libera per afferrarlo.
“E allora prendetelo!”
Con un gesto rapido la fanciulla scagliò il ritratto in mare. Non aspettandosi quella mossa, il greco, quasi impazzito, si scompose e si protese in un gesto disperato. Rapida come la folgore, la ragazza impresse forza al movimento con una spinta.
Stranamente Teotokris non gridò. Piombò in mare con un sordo tonfo, ma la sua voce non si fece udire neppure quando il primo squalo lo sbranò con un guizzo di acqua rossastra. In pochi secondi tutto finì.
Yanez corse ad abbracciare la fanciulla, mentre alcune torce accese dai malesi gettavano luci sinistre sulle pinne e sulle fauci degli squali.
“Mi hai fatto prendere un colpo!”- Riuscì a mormorare Yanez stringendola a sé e mandando al diavolo tutta la sua flemma.
“Non è salutare inseguire in eterno un amore impossibile!”- disse imperturbabile la fanciulla, con un sorriso smagliante.
E mentre Yanez la osservava con affetto, rivedendo in lei l’indimenticabile bellezza della regina di Mompracem, lei fissò un lembo di mare dove, alla luce dei fuochi, era possibile vedere galleggiare il ritratto giovanile di Marianna Guillonk.
La fanciulla si strinse ancor di più al vecchio amico, poi sussurrò con voce rotta: “Grazie, mamma!”


FINE