Senza confini |
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Il
sole splendeva nel cielo azzurro riflettendosi nelle acque cristalline della
laguna di una delle tante isole dell’arcipelago della Sonda in Malesia. Il
viaggio per arrivarci con il gommone preso a nolo era stato abbastanza lungo e
noioso, ma davanti a quello spettacolo Sir John Zaney, colonnello dei SAS,
l’unità d’elite dell’esercito inglese, uomini temprati ed addestrati all’uso
degli apparati d’arma tecnologicamente più avanzati, ma pronti anche a sapersi
costruire un’arma dal nulla con quello che forniva la natura nella zona
d’operazioni, non poteva che sentirsi come in paradiso.
“Andiamo
a terra, qui fa troppo caldo” - disse la moglie – ridestandolo dall’incanto che
lo aveva preso guardando lo splendido panorama. “E poi vorrei sapere che ci
trovi a girare queste isole tutte uguali. Se fossimo rimasti in albergo ora
sarei sdraiata sul bordo della piscina a chiacchierare con qualcuno, invece di
cuocermi su questo gommone che, per giunta,è anche scomodo”.
Sir
John penso di rispondergli per le rime, ma poi rifletté fra sé che non ne
valeva la pena. Che ne poteva sapere sua moglie della frustrazione che aveva
provato una settimana prima, quando dal comando era arrivata una lunga lettera,
piena di enfasi, che si riassumeva in una semplice frase: “Lei è troppo vecchio
per questo Reparto. Si accomodi e grazie per quanto fatto”. Gli avevano dato il
benservito; “vecchio…” pensò – aveva sì 48 anni, ma il fisico era ancora
integro e più volte, nei combattimenti simulati corpo a corpo con soldati più
giovani di lui, era uscito vittorioso. Che dire poi delle operazioni fatte in
clandestinità negli anni passati: Golfo Persico, Iran, Iraq, Bosnia. Infiltrato
nelle linee nemiche per illuminare ai bombardieri gli obiettivi… tutto finito
con una frase:”Lei è troppo vecchio”. Si era subito messo in licenza, seguendo
il consiglio di un commilitone e, con la moglie, felicissima di poterlo
finalmente avere a casa tutto per lei, si era concesso una vacanza in Malesia,
dove era anche stato in missione alcune volte. Ma la vita in albergo gli andava
stretta, lui era un “operativo” e si era inventato il giro delle isole
dell’arcipelago con conseguenti invettive della consorte che non sognava altro
che lunghi bagni di sole sulla spiaggia dell’albergo a pochi metri da tutti i
conforts.
Sbarcarono
intanto sulla spiaggia di sabbia bianca dell’isola. La moglie di Sir John, una
donna molto piacente ed in forma nonostante i 42 anni d’età, si avviò subito
sotto le palme che costeggiavano la costa e si distese sull’asciugamano
sfoggiando un bikini rosso che non passò inosservato all’occhio del
marito.
”Faccio un bagno, vieni anche tu?” disse, pregustando l’intimità che gli
avrebbe offerto quel tratto di spiaggia deserto.
”Non mi va, sono troppo stanca.
Preferisco stare qui all’ombra a dare un’occhiata al nuovo libro che ho
comprato…tanto qui è sempre tutto uguale…” rispose la donna e così facendo, si
girò su se stessa immergendosi nella lettura.
Sir John prese le pinne e si
avviò verso il mare… amava l’acqua, che tante volte gli aveva salvato la vita
come quando gli aveva permesso di allontanarsi dalla costa kuwaitiana facendola
in barba ad una pattuglia irakena che lo aveva circondato, ma rispettava il
mare e, nonostante avesse frequentato dei corsi che gli permettevano di nuotare
anche con avverse condizioni meteorologiche, se lo stesso era agitato preferiva
evitare di fare il bagno. Non era però questo il caso. Lo specchio d’acqua dove
andava ad immergersi era calmissimo e limpido. Si allontanò dalla riva e
cominciò a guardare il fondale. Era favoloso; la varietà di pesci e della flora
marina lo affascinava sempre più. Si girò verso la costa e vide che la moglie
era sempre intenta nella lettura del libro. Buttando lo sguardo sul fondale
vide, a qualche metro di profondità, una piccola splendida roccia vulcanica
variopinta.
”L’ideale come fermacarte sulla mia scrivania…” pensò… poi però si
chiese quale sarebbe stato il suo prossimo ufficio visto che il nuovo incarico
non gli era stato ancora assegnato. Di nuovo rabbuiato si immerse per
raggiungerla. Prendendola in mano, la vide letteralmente pulsare e sentì una
forte sensazione di caldo che gli attraversò il corpo…non gli era mai successo…
e fu tentato di lasciarla cadere. Poi il calore e il riverbero passò e, con una
sgambata di pinne, si diresse verso la superficie. Era stato sotto circa un
minuto e si girò verso la riva per rassicurare la moglie che, magari, lo aveva
visto immergersi così a lungo… e quasi gli venne un colpo…la spiaggia era
deserta… la donna, persino il gommone, tutto era sparito. Subito si diresse
sulla riva e si avvicinò alla palma dove era distesa la moglie… notò che gli
alberi sembravano più piccoli, ma il suo unico pensiero era rivolto alla
scomparsa della signora. Perlustrò la zona attorno al fusto, ma la cosa che lo
lasciò perplesso era che non c’era alcuna traccia di presenza umana. Le uniche
orme sulla battigia erano le sue… non si riusciva a raccapezzare.
All’improvviso sentì delle urla provenire dalla sua sinistra… la frase che il
suo istruttore nei corpi speciali ripeteva sempre era il motto dei marines
americani:”Improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo”… e lui l’applicò
alla lettera.
Si lanciò subito nel folto della vegetazione, distendendosi in
modo da nascondersi completamente e poter osservare la scena… una ragazza
correva terrorizzata sulla spiaggia inseguita da tre soldati armati di fucile.
Sir John tralasciò per il momento la giovane e rivolse la sua attenzione ai tre
militari. Erano tutti vestiti con uniformi di colore verde con uno strano
copricapo nero. Inoltre erano armati con fucili ad avancarica completi di
baionetta, che lui, collezionista di armi antiche, non ebbe difficoltà a
riconoscere come pezzi da museo.
”Sono capitato sul set di un film” intuì…
aspettandosi da un momento all’altro la voce del regista che ordinava lo stop.
Quando però vide uno dei soldati fermarsi, prendere la mira e sparare in
direzione della ragazza ebbe l’impressione che qualcosa non andava e lo spruzzo
di sabbia che si sollevò a qualche centimetro dal piede destro della fuggitiva
gli tolse ogni dubbio. Un rapido colpo d’occhio servì al colonnello per vedere
se dietro i tre c’erano altri soldati in arrivo. Quindi, tenendosi pronto ad
agire, lasciò passare la ragazza aspettando il momento propizio per uscire dal
suo nascondiglio ed attaccare gli assalitori. I corpi speciali prevedono, nel
loro addestramento, la lotta a mani nude ed era una delle discipline preferite
dal colonnello. La fortuna fu anche dalla sua, allorquando il militare che
aveva sparato si fermò a pochi passi dal suo nascondiglio per ricaricare. Un
rapido balzo ed un colpo di karate sul collo misero fuori combattimento il
soldato che non si accorse di nulla. Prima che il fucile ricadesse sotto il
corpo inerme, Sir John prese l’arma e comincio a correre dietro gli altri due.
Uno dei due inseguitori si girò convinto di trovarsi alle spalle il compagno
impegnato nelle operazioni di ricarica, ma ebbe uno shock tremendo trovandosi
al cospetto di un uomo in costume da bagno che gli correva incontro. Si bloccò
cercando di prendere la mira, ma l’attimo di esitazione dovuto alla sorpresa
gli fu fatale. La baionetta del fucile impugnato dal colonnello gli trapassò il
ventre scaraventandolo a terra assieme al suo attaccante. Subito Sir John
lasciò la presa della sua arma scarica e prese il fucile del soldato colpito,
predisponendosi ad attaccare il militare superstite. L’ultimo uomo però,
richiamato dall’urlo di dolore del compagno, si bloccò istantaneamente. Era un
veterano di altri combattimenti e quindi agì senza pensarci troppo. Imbracciò
il fucile e fece fuoco verso il colonnello che si stava rialzando.
Probabilmente se Sir John fosse stato un normale soldato sarebbe stato trafitto
dal colpo esploso a pochi metri di distanza, ma gli anni di addestramento e
scontri a fuoco avevano acuito i suoi
riflessi. Quindi il tuffo di lato che gli servì ad evitare il proiettile
ed la contemporanea reazione al fuoco che ebbe con la sua arma gli permisero di
uscire integro dallo scontro mentre il suo avversario giaceva supino con un
fiotto di sangue che gli usciva dal torace.”Due morti ed uno stordito” pensò
“niente male per un vecchietto!”. Odiava uccidere ma, se costretto, non si
tirava indietro, soprattutto se il bersaglio del mirino dell’avversario era
lui. Mentre si avvicinava all’ultimo cadavere, notò che la ragazza inseguita si
era fermata e lo stava osservando.
“E’ tutto finito!”-le gridò, pensando poi
che aveva parlato in inglese e quindi poteva non essere capito. La donna al
contrario si avvicinò e lo abbracciò di slancio, baciandolo su una guancia.
”Non
so come ringraziarla,sir…?
”John” rispose pronto il colonnello.”Non si
preoccupi, miss…?”
”Lady..lady Marianna” disse la giovane.
”Ho solo fatto il
mio dovere di gentiluomo. Non è bello vedere tre soldati che si affannano a
rincorrere una ragazza e soprattutto le sparano dietro senza alcuna ragione”.
Il
sollievo per il suo intervento si leggeva nei meravigliosi occhi azzurri della donna, ma presto si accorse che gli
stessi diventavano sospettosi e distaccati.
“Sir John, che ci fa su
quest’isola?” domandò all’improvviso Marianna.
”E’ quello che vorrei sapere
anch’io” - avrebbe voluto dire il colonnello, ma il repentino cambio d’umore
della ragazza gli fece scattare un campanello d’allarme e decise di inventarsi
una bugia plausibile.
”Sono naufragato ieri con il mio veliero e mi sono
ritrovato sulla riva della spiaggia pochi attimi prima di intervenire per
salvarla. Anzi mi può dire perché quei soldati ce l’avevano tanto con lei?”
rispose sperando così di evitare altre domande imbarazzanti.
“Non conosce i
marines del Rajah di Sarawak? Da dove viene, sir John? Parla inglese benissimo.
Non sarà mica una spia inviata da mio zio per riportarmi indietro come volevano
fare questi soldati?” disse, arretrando repentinamente.
Sir John era un
appassionato di storia, ma non disdegnava i romanzi d’avventura ed in pochi
attimi si rese conto di trovarsi al cospetto della principessa Marianna, la
Perla di Labuan del celebre romanzo di Emilio Salgari. Aveva letto quel libro
in gioventù e ne era rimasto tanto affascinato da fantasticare notti intere. Se
non ci fossero stati quei due morti probabilmente avrebbe pensato di essere in
un sogno, ma quella era realtà… e che realtà. Sapeva che Lady Marianna era
stata rapita da Sandokan, la Tigre della Malesia, del quale lei si era
successivamente innamorata; quindi lui ora era a Mompracem, il covo del pirati
malesi che avevano tanto dato filo da torcere al Rajah di Sarawak, Lord James Brooke,
inglese come lui.
”Caspita” pensò ,“ho appena ucciso due militari inglesi. Devo
essere impazzito”.
Guardando la ragazza che lo osservava attenta, decise che
aveva fatto la cosa giusta. Non era quella l’Inghilterra che difendeva ai
giorni nostri, era sempre stato contrario al colonialismo dei suoi avi… e se c’era
da difendere una bella fanciulla da una banda di predoni prezzolati da un rajah,
fossero stati inglesi o di qualunque altra nazionalità, lui non avrebbe avuto
pietà. Si ripromise comunque di non rivelare la sua nazionalità; Lady Marianna
era facile da abbindolare dopo averlo visto in azione, ma Sandokan era un’altra
cosa… e, chissà com’è, lui si convinceva sempre più che presto avrebbe fatto la
conoscenza con la Tigre della Malesia.
”Sono un commerciante portoghese” disse
infine alla giovane. ”Sono salpato dalle Indie per tornare in Europa, ma una
tempesta ha colto all’improvviso il nostro veliero facendolo inabissare. Parlo
così bene l’inglese perché ho fiorenti commerci con l’isola europea ed ero
diretto proprio lì.” ribadì cercando di essere il più convincente possibile.
La
ragazza parve rasserenarsi e lo invitò a seguirla. Prima però c’era da
sistemare una questione, pensò il colonnello. Tornò quindi sui suoi passi ed
andò a prendere il soldato che aveva tramortito. Lo stesso giaceva ancora
incosciente sulla sabbia e ci volle un bel tuffo nell’oceano per ridestarlo.
Con tutta l’autorità che gli derivava dal grado e dagli interrogatori, Sir John
chiese al soldato, appena riavutosi, quale fosse la sua missione urlandogli
nelle orecchie per intimorirlo. Il soldato cominciò a parlare malese, sperando
così di sorprendere il suo interlocutore, ma Sir John era stato in missione in
quelle terre e conosceva la lingua, quindi rispondendogli nello stesso idioma,
fece capire al soldato che quella strada era inutile. Lady Marianna intervenne
dicendo che era lei il loro obiettivo, ma Sir John le fece segno di stare
zitta. Il suo occhio esperto gli aveva fatto capire che quei tre non erano lì
per rapire la principessa. La formazione, il luogo scelto per lo sbarco, l’addestramento
specifico e la mancanza di insegne luccicanti sulle giubbe e giberne indicavano
un unico scopo: “missione di esplorazione in territorio nemico in cerca di
punti deboli”. Era capitato a Mompracem alla vigilia dell’attacco in grande
stile che avrebbe costretto Sandokan alla fuga, ma soprattutto portato alla
morte della principessa Marianna.
“Scommetti, caro Salgari, che fino a che sarò
vivo io non le accadrà niente?” - pensò, guardando la ragazza che si avviava
verso il villaggio posto sul lato opposto dell’isola.
Aspettò che la giovane si
allontanasse, poi con un repentino colpo di maglio colpì a morte il soldato
inglese che si ostinava ancora a non parlare. Lo fece con riluttanza, ma non
dovevano rimanere testimoni dell’accaduto. Raggiunse quindi la ragazza e mentre
avanzavano nella boscaglia l’occhio esperto del militare venne fuori. Prima
individuò alcuni segni di riconoscimento creati apposta per indicare il
percorso da seguire lasciati da scout inglesi, cosa che gli confermò quanto
aveva rilevato sulla spiaggia: alcuni marines inglesi erano già stati lì ed
avevano tracciato una pista per arrivare alle spalle del villaggio con il
grosso delle truppe senza essere notati; poi registrò, sempre più preoccupato,
che non c’erano posti di avvistamento o sentinelle lungo il percorso
meravigliandosi di tanta avventatezza e disorganizzazione. Entrando infine nel
villaggio capì il perché: decine di uomini, donne e bambini giacevano nelle
capanne febbricitanti e con la pelle squamata da pustole virulente. Immediatamente
ricordò, nel libro letto in passato, che gli inglesi avevano avvelenato il
pozzo dell’isola, provocando l’epidemia che avrebbe decimato i “tigrotti”
rendendo possibile l’attacco all’isola. Mentre fantasticava con la mente al
passato, vide uscire da una capanna un uomo molto alto, armato di scimitarra e
dalle fattezze orientali. Subito Lady Marianna si diresse verso di lui
abbracciandolo appassionatamente e parlandogli brevemente. Poi rivolse un cenno
al colonnello per farlo avvicinare.
”Le presento Sandokan, Sir Zaney!” disse la
giovane.
“Sono onorato di conoscerla. Le sue gesta solcano i mari di tutto il
mondo, tanto è vero che spesso ci si domanda se lei sia una leggenda o realtà.
Da oggi potrò dire che lei è di carne e ossa.” precisò pronto il
colonnello.
”Lady Marianna mi ha detto cosa ha fatto ai tre inglesi che la
stavano seguendo. Chi uccide gli inglesi invasori è mio amico. Lei è un mio
amico. Grazie per averla salvata” rispose il sovrano dell’isola.
“Signore”-
ribattè pronto il colonnello – “penso che il mio intervento sarà reso vano da
quello che si sta per abbattere su quest’isola. Ho il timore che siamo alla
vigilia di un attacco in grande stile da parte delle truppe inglesi”.
Sandokan
lo guardò rammaricato negli occhi e disse:”Pensa che non me ne sia accorto. Con
le forze al completo non ci sarebbe storia, ma da quando questa maledetta
epidemia sta sterminando i miei tigrotti, ho la sensazione che Lord Brooke farà
un solo boccone di Mompracem. Ma la pagherà molto cara, questo lo giuro.”
Il
colonnello vide negli occhi del pirata una determinazione mai doma e decise di
“sparare la sua cartuccia.”
”E se le dico che li fermeremo, lei che mi
risponde?” ribatté sorridendo Sir John.
Sandokan lo guardò stupito, ma una
nuova speranza si fece subito strada.
“Dei miei trecento uomini, poco più di un
centinaio è in grado di combattere e lei vorrebbe fermare almeno mille inglesi
con questo manipolo di tigrotti?”
“Io penso che ne bastino la metà” sentenziò
sicuro il colonnello.
Nella tragicità del momento, ci mancò poco che Sandokan
si piegasse in due dal ridere; solo lo sguardo sicuro di Sir John lo trattenne.
“Le voglio dare retta. Mi dica cosa le serve e l’avrà.” comandò il pirata.
“Prima di tutto sono convinto che gli inglesi fingeranno di attaccare il
villaggio direttamente dal mare, ma sarà solo un diversivo per arrivare
inosservati con il grosso delle truppe dall’entroterra. Ho notato, mentre
venivo qui, vari segnali che tracciano la via per raggiungere le vostre
capanne. C’è qualche gola in quest’isola?”
“Si, certo” rispose Sandokan.
“Ed
allora non preoccupatevi, gli inglesi non avranno Mompracem. Andiamo nella sua
capanna e le spiegherò il mio piano. Conteranno molto la rapidità e la
conoscenza dell’isola. Ma soprattutto dovremo far presto, tra due o tre giorni
ci sarà l’attacco. A proposito, conosco il tipo di malattia che colpisce i
vostri uomini; è una forma di avvelenamento che si propaga nell’acqua inquinata.
Consiglierei di prendere le scorte idriche da un altro pozzo più a monte” disse
Sir John, pensando, nel contempo con una punta di malizia, che l’autore del
fallimento dell’invasione sarebbe stato proprio un inglese, lui.
I
giorni che seguirono furono frenetici, sempre con il terrore di veder apparire
le chiatte da sbarco inglesi. Sir John era instancabile e si muoveva in
continuazione, facendo piazzare qua e là batterie di artiglieria, predisporre
trappole e mine artigianali, installare punti di osservazione e di fuoco. Ma
alla fine del secondo giorno tutto era pronto. Oramai mancavano alla festa solo
gli invasori. Ed all’alba del terzo giorno il sibilo di un proiettile di
bombarda, scagliato da un veliero inglese apparso all’orizzonte, che scoppiò
sulla spiaggia del villaggio indicò l’inizio dell’attacco. Sandokan aveva già fatto
evacuare le capanne dalle donne e dai bambini, ma un manipolo di tigrotti pur
se devastati dall’epidemia, in trincee scavate su suggerimento di Sir John,
erano pronti a difendere la zona dal possibile sbarco di truppe inglesi.
Intanto, come previsto dall’ufficiale inglese, mentre sul villaggio si
riversavano decine di colpi di artiglieria e due navi si portavano a ridosso
della riva approntando alcune lance da sbarco, una trentina di chiatte
dirigevano sulla spiaggia dove Sir John aveva ucciso i tre marines inglesi.
Sandokan ed il colonnello osservavano non visti lo sbarco dei militari del
Rajha e la Tigre della Malesia rimase impressionata dal numero degli stessi che
superava ampiamente il migliaio previsto.
“Non ce la faremo mai, rifuggiamoci
sull’altro lato dell’isola e salpiamo con il mio kayak. Tornerò a Mompracem e
scaccerò gli inglesi. Siamo troppo pochi.” disse il pirata.
Ma Sir John rispose
tranquillo:”Non preoccuparti, li butteremo di nuovo a mare. Questo sarà il
giorno più lungo per Mompracem, ma sarà decisivo in un modo o nell’altro”.
Il
colonnello pensò tra sé e sé che il generale tedesco Rommel, molti anni più
tardi, avrebbe detto la stessa frase alla vigilia dello sbarco anglo-americano
in Normandia durante la Seconda Guerra Mondiale.
”Ma stavolta finirà
diversamente” si ripromise.
Su ordine di Sir John, i segnali predisposti dagli
scout inglesi erano stati riposizionati ed indicavano un’altra strada. E fu in
quella nuova direzione che gli oltre mille inglesi si incamminarono fiduciosi e
convinti in una facile vittoria.
Sir
John aveva lasciato nel bosco alle spalle del villaggio una batteria di cannoni
a corto raggio da usare in caso del probabile sbarco diversivo. Era stata una
sorpresa per i pirati vedere smontati dalle navi i piccoli cannoncini a mitraglia
per posizionarli a scacchiera sulla terraferma. Lo stesso Sandokan aveva
espresso qualche dubbio, subito dissipato allorquando Sir John aveva fatto
vedere, in una rapida esercitazione con paurosi effetti distruttivi, le
possibilità di frenaggio che le armi avevano in caso di sbarchi marini. L’altra
novità era che i cannoni erano posizionati nascosti nell’entroterra e sparavano
a 45 gradi al fine di annullare ogni replica nemica che non vedeva da dove
partiva il colpo. Quando perciò il finto sbarco, guidato da circa trecento
inglesi, approdò sulla spiaggia a ridosso del villaggio con la convinzione di
una flebile difesa in attesa dell’arrivo del grosso delle truppe alle spalle fu
sorpreso, in campo aperto, da una raffica micidiale e continua di pallini sparati
dai cannoni nascosti. Fu una strage. I soldati di uno degli eserciti più forti
del mondo venivano falciati senza alcuna pietà da pochi pirati che, con abilità
e precisione, martellavano la spiaggia non fornendo alcun punto di riferimento
per una risposta al fuoco. Le navi alla fonda nella baia cominciarono a sparare
verso l’entroterra sperando in qualche colpo fortunato, ma non fecero altro che
accrescere la confusione sulla riva. Il comandante della spedizione intuì che le
possibilità di sfondare erano nulle ed ordinò la ritirata sulle lance da sbarco
che si allontanarono verso il mare aperto piene di feriti e con il morale a
terra. Sembrava impossibile, ma il primo attacco era stato fermato con
pochissime perdite. Subito fu lanciato il segnale convenuto da Sir John per
fargli sapere l’esito dello scontro e l’ufficiale inglese sospirò contento
quando vide che era quello di vittoria.
“Il villaggio è salvo” disse Sandokan
entusiasta per la notizia appresa.
“Ma non è finita. Abbiamo una altro gruppo
da colpire e non sarà così facile” ribadì pronto il colonnello.
Appena erano
cominciati gli spari sulla spiaggia del villaggio, il comandante della
guarnigione che guidava il grosso delle truppe da sbarco aveva dato l’ordine di
accelerare il passo. I colpi di cannone che aveva sentito non facevano
presagire nulla di buono. Era andato lì con la promessa del Rajah che sarebbe
stata una “passeggiata”, che avrebbe trovato un gruppo di pirati inermi e
moribondi per la contaminazione del pozzo; invece gli spari crescevano di
intensità e così le sue preoccupazioni. La pista che stava battendo si
avventurava tra due colline non molto alte e, tutto preso dalla fretta di
arrivare alle spalle del villaggio, non si rese conto che si chiudeva da solo
in trappola. Appena il grosso delle truppe fu tra i due piccoli colli una frana
bloccò il passaggio verso il villaggio. I comandanti, addestrati a questa
circostanza urlarono “Imboscata” e fecero subito formare agli uomini dei
quadrati per difendersi da ogni direzione. La tattica era quella giusta, se non
ci fosse stato il colonnello Sir John che aveva predisposto dei cannoncini a
mitraglia oltre le due colline e puntati verso il centro della gola. I colpi
cominciarono a piovere dall’alto sulle truppe inglesi che, dopo il primo momento
di sbigottimento, cominciarono a cercare scampo risalendo le due collinette.
Qui entrò in azione il grosso dei tigrotti che, diviso sulle due sommità e
protetto da muretti di pietra creati ad hoc, cominciò a sparare verso i soldati
che salivano la rispettiva china. Sandokan fremeva dalla voglia di lanciarsi
verso l’odiato nemico, ma aveva promesso a Sir John, il quale aveva capito il
carattere indomito del pirata, di attendere il segnale convenuto d’attacco.
All’improvviso il comandante in capo inglese si rese conto della
disorganizzazione delle sue truppe e cercò di predisporle per un attacco in
un’unica direzione così da sfondare l’accerchiamento. Le perdite oramai erano
tali da rendere la metà degli inglesi inabili al combattimento tra morti e
feriti. Erano comunque una forza ancora superiore di sei a uno rispetto ai
tigrotti. L’attacco ebbe inizio e subito Sandokan si rese conto del pericolo
che correvano i suoi tigrotti sottoposti a questa spinta improvvisa. Sir John
però appariva tranquillo.
“I miei tigrotti non sopporteranno quest’attacco.
Sono troppo pochi” disse la Tigre della Malesia.
“Aspetta e vedrai.” rispose di
rimando il colonnello. Le prime file di inglesi erano quasi a dieci metri dalla
sommità quando il terreno che attraversavano fu sconquassato da fortissime
esplosioni apparentemente inspiegabili. Le deflagrazioni continuarono mano a
mano che gli inglesi avanzavano e dopo l’ennesimo e fallimentare tentativo di
salire sulla sommità della collina, il comandante inglese si vide costretto ad
ordinare la ritirata verso la spiaggia.
“Ecco perché mi avevi detto di non far
scendere gli uomini verso la gola nei giorni scorsi. Che diavoleria è mai
questa?” disse sorridendo il pirata.
“Sono solo degli involucri pieni di
polvere da sparo che scoppiano a pressione” rispose Sir John.
Non poteva certo
svelare alla Tigre della Malesia che aveva fabbricato decine di mine antiuomo
centinaia di anni prima della loro scoperta.
“Ora puoi andare, Tigre. Gli
inglesi sono tutti tuoi” ribatté prima che il pirata facesse altre domande.
Sandokan non se lo fece ripetere e seguito alla carica dai tigrotti ormai
euforici per la sconfitta inglese, si lanciò all’inseguimento delle
raccogliticce truppe in fuga precipitosa. I tigrotti avevano avuto, chi più chi
meno, dei lutti in famiglia per l’epidemia e la voglia di vendetta verso il
nemico era enorme. Ogni gruppo di inglesi, fermatosi per fare da retroguardia
ai soldati in fuga, veniva raggiunto e inesorabilmente distrutto. Le scene come
questa si ripeterono più volte e Sandokan ebbe modo più volte di bagnare col
sangue inglese la sua scimitarra. Della formidabile armata di oltre mille
uomini solo cento soldati presero posto sulle chiatte dirigendosi verso il mare
aperto. Lord Brooke, che era pronto a scendere sull’isola conquistata, vide con
raccapriccio le chiatte della sua forza d’urto tornare precipitosamente
indietro decimate da un nemico che avrebbe dovuto porre solo una piccola
resistenza.
“La Corona inglese non sarà contenta di questa sconfitta” pensò
preoccupato; aveva assicurato ai regnanti che avrebbe distrutto il covo dei
pirati e si era fatto inviare truppe di rinforzo non previste giustificandole
con la sicura vittoria.
”Maledetto Sandokan, mi hai distrutto. Mompracem è
ancora tua” ringhiò rientrando nella cabina della sua nave.
Pochi minuti dopo i
marinai sentirono un colpo di pistola provenire dall’alloggio del loro capo.
Lord Brooke non avrebbe più dovuto dare spiegazioni ai sovrani inglesi.
Sandokan, intanto, appena vide gli ultimi inglesi balzare sulle chiatte ed
allontanarsi, si diresse con tutti i tigrotti verso il villaggio. La
principessa Marianna lo aspettava ai bordi della foresta ed il loro abbraccio
fu il momento più tenero della giornata, salutato dai cori festanti dei
tigrotti. Sir John si avvicinò e tutti e tre si diressero verso il pontile per
vedere le ultime navi inglesi alzare le vele e dirigersi verso casa.
“Tu da
oggi sarai il mio fratellino di sangue” disse Sandokan, “non riesco mai a
ricordare bene il tuo nome, Sir Yaz… Zan… Yanez”.
Sir John si girò stupito
verso il pirata e si rese conto che l’anagramma del suo cognome era proprio
quello. In effetti, nell’enfasi della preparazione alla battaglia si era
dimenticato del compagno di Sandokan indicato da Salgari. Ora capiva perché non
l’aveva mai visto sull’isola. Yanez era lui. Mentre rifletteva sorridendo, su
questa nuova scoperta, dalla nave ammiraglia che stava lasciando la baia partì
un unico colpo di cannone. Sir John sentì un sibilo sempre più forte e capì
immediatamente che qualche cannoniere della nave li aveva visti sul pontile e
puntati con un ultimo gesto di sfida.
“Bomba in arrivo. Tutti a terra” urlò Sir
John, e così dicendo spinse Lady Marianna e la Tigre giù dal pontile verso la
terraferma. In quel momento scoppiò la granata e l’inglese si ritrovò con il
suo corpo a fare da scudo ai due. L’esplosione lò stordì proiettandolo in aria
e successivamente nell’acqua della laguna. L’impatto con il mare gli fece
riprendere i sensi e subito si diresse verso la superficie per tranquillizzare
i suoi amici. Appena Sir John riemerse vide… la moglie che, nelle vicinanze del
gommone, stava per entrare in acqua.
“Che sogno assurdo. Mi sa che il comando
aveva ragione, Sir John , stai diventando vecchio. Ora anche le allucinazioni…”
pensò fra sé.
Solo allora si accorse di avere ancora in mano la roccia
vulcanica che ora sembrava un semplice e normalissimo sasso. La moglie lo
chiamò, mentre si tuffava in acqua e lui si diresse a forti e ritmiche
bracciate verso la riva, dove si immerse prendendo la donna alla vita e
trascinandola sotto. La donna, subito pronta quando c’era da scherzare
nell’acqua, assecondò il movimento per poi divertirsi nell’abbrancare il
colonnello e fingere di lottare. Dopo qualche minuto, si ritrovarono sulla riva
esausti e felici. Sir John pensava ancora allo strano sogno, cercando di dare
una spiegazione logica. La donna intanto si rifugiò sotto le palme e lui la
seguì sdraiandosi accanto. Decise di dimenticare l’accaduto: non sapeva come,
ma aveva sognato la sua avventura. Dopo essersi riposato un po’, si girò verso
la moglie che giaceva supina godendosi la fresca brezza del mare.
”Che libro
stavi leggendo?” domandò così per dire qualcosa.
”Bah, pensavo fosse sulla
natura, sulla fauna locale, invece è una storia di avventure di un pirata. Mi
sa che si intitola “La Tigre della Malesia”.
Sir John si drizzò in preda ad uno
strano presentimento, poi ritenendola una stupida coincidenza lasciò perdere e riprese
a prendere il sole. Più tardi, all’imbrunire, venne il momento di alzarsi per
tornare con il gommone verso l’albergo. Raccolsero le proprie cose e mentre Sir
John riponeva nella sacca della moglie il libro, lo fece inavvertitamente
cadere. Si aprì sull’ultima pagina e gli occhi corsero alla frase finale,
facendolo sussultare e poi ridere sonoramente: “Il sacrificio di Yanez permise
alla Tigre ed alla sua donna di sopravvivere alla terribile esplosione sul
pontile. Inoltre Lord Brooke era morto ed il nuovo rajah, meno avvezzo alla
lotta contro i pirati, decise che Mompracem poteva rimanere per sempre nelle
mani di Sandokan, il quale continuò le sue scorribande contro gli inglesi,
sapendo comunque che tornando nella sua isola avrebbe trovato il sorriso della donna
amata ad attenderlo.”
Sir John richiuse il volume e sospirò, pensando “Caro
Salgari, mi spiace, hai perso la scommessa: la Perla di Labuan è ancora viva”.
FINE