Un'Avventura a Mompracem
Daniele De Marchi

 

 

Sono un segreto impiegato da un’assicurazione internazionale che ha una sezione segreta che si occupa di acquisti di armi da paesi terzi.

Mi trovavo, alcuni anni fa, a Luzon per vendere un sottomarino, costruito nelle officine di Brema, ad un sultano di Burma. La specialità della nave era di essere un corpo unico fuso a pressofusione con spessore dello scafo di 10 pollici di acciaio e, quindi di essere anche a prova di scoglio, con tubi di siluri, eliche protette e due cannoncini a tiro rapido. Le cose andavano per le lunghe in quanto i pagamenti pattuiti erano in forse a causa di semi- rivoluzione, parzialmente riuscita, da parte di un nipote del sultano. Con mia sorpresa ricevetti, nell’albergo dove ero alloggiato, una missiva accompagnata da un rubino della grossezza di una nocciola. La lettera era firmata Sandokan & Yanez, con la richiesta di un incontro. Detto fatto incuriosito e, grato per il regalo, risposi che ero completamente disponibile. Il giorno dopo una coppia di un europeo ed un bornese si presentavano all’hotel cercandomi. Ci ritirammo in una veranda che non ospitava nessuno. Le due persone vennero subito all’argomento: avendo saputo della vicenda del sultano e del sottomarino, offrivano una somma più generosa del sultano se la nave la facevo acquistare a loro. Per me la questione era indifferente purchè il pagamento fosse subito messo in atto. Il bornese trasse dalla cintura verde dell’abito un libricino da cui estrasse e compilò uno cheque pagabile sulla banca di Pontianak e così l’affare fu stipulato. Io chiesi ai due personaggi a che scopo gli serviva il sottomarino; Yanez mi sostenne che avrebbe dovuto servire a riconquistare la loro isola di Mompracem che l’Inghilterra e l’Olanda difendevano ed occupavano per conto del Raja di Sarawak. Io gli spiegai il funzionamento della nave che praticamente non aveva bisogno di carburante in quanto funzionava a Sodio (ricavabile dall’acqua di mare) e, l’Idrogeno prodotto (Na +2 H2OH --- NaOH +H2 e H2+O----H2O + energia elettrica) era il fuel del motore. Il processo era automatico, vi era solo qualche precauzione da tenere in essere. Essi mi chiesero se potevo essere aggiunto all’impresa come esperto insieme all’equipaggio per la manovra. Diedi il mio assenso  e su questa base ci lasciammo per rivederci dopo sei giorni esatti. Dopo il periodo prefissato il sottomarino era in superficie accanto ad una banchina del porto con i portelli aperti. Faceva una magnifica figura scintillando sulle onde lunghe del mare. Noi tre ci imbarcammo con degli indiani, malesi e bornesi in numero di 37;  nella nave c’era l’equipaggio originale che fu posto ai miei ordini mentre il suo stipendio era a carico degli acquisitori. Imbarcati i viveri e le bevande ci immergemmo a 50 m di profondità, aprimmo le serrande degli oblò e facemmo rotta verso Mompracem evitando le isole dello stretto di Luzon e ci inoltrammo nel mare Sud della Cina. La navigazione era rapida e meraviglioso lo spettacolo sottomarino. La distanza di 640 miglia marine fu percorsa  in 21 ore. Quando ci trovammo a 15 miglia da Mopracem risalimmo a galla e facemmo un’esplorazione dell’isola e dei suoi dintorni con potenti cannocchiali. Nella baia principale  stazionavano 3 incrociatori  coi motori accesi, sul lato Sud c’erano decine di navi  in attività  mentre si vedevano le fortificazioni dell’isola rinnovate negli ultimi tempi anche come armamento. Bisognava sgomberare il mare  il più possibile e poi con i cannoncini e le truppe dare l’assalto alle fortificazioni. Detto fatto ci immergemmo a 10 m e, con il periscopio su, ci avvicinammo a 2 miglia dalle navi. Sparammo il primo siluro contro il fianco di uno degli incrociatori e, nonostante la distanza, l’effetto fu pieno: la nave si inclinò rapidamente, si udì uno scoppio sordo e la nave si inabissò. La cosa mise in guardia gli altri due incrociatori che si misero in cappa con ai bordi bombe di profondità. Sandokan mi chiese  che effetto potrebbero avere sul sottomarino: gli assicurai che per il sommergibile non c’erano problemi, ma potevano essercene  per l’equipaggio sottoposto alle onde d’urto. Fu deciso quindi di attaccare le navi a Sud mediante speronamento e siluri. Nel giro di 3 ore la faccenda fu conclusa  col risultato che 6 navi lottavano per stare a galla. Ritornammo rapidamente nella baia ed avvicinandoci lanciammo un siluro da Sud che provocò un grosso squarcio nel fianco dell’incrociatore e vedemmo le onde del mare precipitarsi nello scafo. La nave si inclinò imbarcando acqua e cominciò ad affondare. L’ultimo incrociatore corse in aiuto al primo, raccogliendo i superstiti. Furono lanciate bombe di profondità ma, essendo noi lontani, non fecero molto effetto. Restavano 8 navi a Sud più un incrociatore nella baia. Fu tenuto un consiglio di guerra e fu deciso di lasciare in pace le navi a Sud e di concentrare gli sforzi per eliminare l’incrociatore superstite, per poi dare l’attacco alle fortificazioni.

Non era semplice dare l’attacco all’incrociatore, che stava in guardia, inoltre il fondo della baia era ingombro di navi affondate impedendo al sottomarino di muoversi agevolmente. Fu, quindi, deciso di modificare l’innesco di due siluri le cui cariche vennero risposate in modo che, dopo l’impatto, si accendesse una massa di termite capace di fondere qualsiasi tipo di acciaio dando modo così alle cariche esplosive di penetrare più a fondo. Ci spostammo a circa un miglio di distanza  su un fondale inclinato che aiutasse un tiro dal basso dei siluri per colpire nella carena l’incrociartore. Sparammo il primo siluro e dopo 20 secondi il secondo l’effetto fu più spettacolare di quanto previsto. L’incrociatore esplose in una nube di fuoco e di frammenti. La via alle kotte era sgombrata. Intanto al largo sottovento una flottiglia di prahos si avvicinava con immense vele gonfie di vento. Dopo circa un’ora il sottomarino, ora in superficie, e la flottiglia si erano congiunti. Un colosso scese sulla tolda del sommergibile e seppi che il suo nome era Sambigliong. Le due persone che seppi erano le Tigri di Mompracem, abbracciarono il colosso e cominciò uno  scambio di rapide informazioni.
"Tigre," - disse Sambigliong - "come d’accordo ti ho portato 850 tigrotti armati di tutto punto e 50 negritos con le loro sumpitans al comando di Giro Batol."
"Benissimo", - disse Sandokan - "io verrò con voi al lato Sud di Mompracem ed attaccheremo da quella parte, una parte resterà con Yanez ed appoggiata dai cannoncini attaccherà dalla baia."
A me, a dire il vero, tremavano le gambe, ma non mi tirai indietro. Cominciammo un tiro rapido con i cannoncini nei dintorni delle kotte per snidare gli occupanti ed un magnifico tiro di Yanez mise fuori uso l’arma principale di difesa. Sbarcammo verso l’una del pomeriggio e furono formate tre colonne di malesi, d’indiani e di negritos. Con precauzione furono attraversati i 150 m di spiaggia senza che un colpo di fucile venisse sparato. Ci inoltrammo quindi nella boscaglia fatta di mangifire, alberi di tek, palme, baobab e casuarine. Io stavo nella retroguardia, a buon conto, e dopo 30 minuti di marcia faticosa, resa più agevole dai parangs usati senza parsimonia, si sentirono le prime fucilate ed i primi gridi di agonia dei colpiti dall’upas delle sumpitang. Anche la nostra fucileria faceva a gara con i colpi lontani che si udivano a Sud, delle bande di Sandokan. La nostra marcia non incontrava una grande resistenza in quanto la guarnigione doveva essere non numerosa a causa della presenza protettrice delle navi che chiudevano il mare ad eventuali assalitori. Dopo 2 ore  il villaggio e la kotta principale erano in mano nostra. Anche il resto dell’isola era stata liberata. I prigionieri furono imbarcati su un praho e portati sulle navi a Sud.

La sera, dopo che gli abitanti si erano radunati, la bandiera rossa con l’immagine della tigre campeggiava sul pennone della kotta. Allora cominciarono le feste dopo che Sandokan, visibilmente commosso, aveva rincuorato tutti, dicendo “ora e sempre, finchè resteremo vivi, non sarà più offeso”.

Nell’ampio salone circolare era preparata una tavolata anch’essa circolare imbandita con arrosti, verdure, frutta nonché vini e liquori in abbondanza. Al centro delle bellissime indiane e siamesi facevano danze sensuali che narravano i racconti kamasutrani, mahayani, ramayani e rimpotangi. Scorsi una graziosissima brunetta con occhi neri come pozzi di stelle la pelle era bruna e vestiva un sari senza nulla sotto.

Mi avvicinai a lei, e ci piacemmo  dopo che le recitai brani di poesie del cinquecento italiano, del periodo classico greco ed iraniani. Ci spostammo sulla rena sotto la lucente luna e svestiti facemmo eros nell’acqua ed agape con le nuttiline. Dopo, esausti, ci stendemmo sulla rena a guardare le stelle, quindi andammo a dormire accompagnati dal suono dei sitar e dei cori malesi, dopo aver salutato Sandokan, perso nei ricordi di Marianna e Yanez che  fumava beatamente abbracciato al compagno.

Per non andar per le lunghe  il giorno dopo ricevetti un assegno di mezzo milione di sterline, la mia amichetta un diadema di diamanti ed un serto di zaffiri ed io anche un cofanetto di pietre preziose. Un praho, su mia richiesta, mi accompagnò in India, perchè volevo partecipare al khumbalena.Il viaggio per mare fu un ricordo che ancora mi commuove, con le folaghe ed i gabbiani sul pennone, noi che aggrappati ad una gomena ballavamo nella scia del praho e la piccola comunità della barca degna di Alceo. Arrivati in India assistemmo alle cerimonie e conobbi un guru alla cui scuola mi iscrissi. Dopo una settimana cominciammo un viaggio che terminò in Khamshir, dove con i soldi comprai un cottage in riva ad un lago incantato e lì ci sistemammo

E dove  potrete  incontrarci se vorrete.

FINE