Un'Avventura a Mompracem |
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Sono un segreto impiegato da
un’assicurazione internazionale che ha una sezione segreta che si occupa di
acquisti di armi da paesi terzi.
Mi trovavo, alcuni anni fa, a
Luzon per vendere un sottomarino, costruito nelle officine di Brema, ad un
sultano di Burma. La specialità della nave era di essere un corpo unico fuso a
pressofusione con spessore dello scafo di 10 pollici di acciaio e, quindi di
essere anche a prova di scoglio, con tubi di siluri, eliche protette e due
cannoncini a tiro rapido. Le cose andavano per le lunghe in quanto i pagamenti
pattuiti erano in forse a causa di semi- rivoluzione, parzialmente riuscita, da
parte di un nipote del sultano. Con mia sorpresa ricevetti, nell’albergo dove
ero alloggiato, una missiva accompagnata da un rubino della grossezza di una
nocciola. La lettera era firmata Sandokan & Yanez, con la richiesta di un
incontro. Detto fatto incuriosito e, grato per il regalo, risposi che ero
completamente disponibile. Il giorno dopo una coppia di un europeo ed un
bornese si presentavano all’hotel cercandomi. Ci ritirammo in una veranda che
non ospitava nessuno. Le due persone vennero subito all’argomento: avendo
saputo della vicenda del sultano e del sottomarino, offrivano una somma più
generosa del sultano se la nave la facevo acquistare a loro. Per me la
questione era indifferente purchè il pagamento fosse subito messo in atto. Il
bornese trasse dalla cintura verde dell’abito un libricino da cui estrasse e
compilò uno cheque pagabile sulla banca di Pontianak e così l’affare fu
stipulato. Io chiesi ai due personaggi a che scopo gli serviva il sottomarino;
Yanez mi sostenne che avrebbe dovuto servire a riconquistare la loro isola di
Mompracem che l’Inghilterra e l’Olanda difendevano ed occupavano per conto del
Raja di Sarawak. Io gli spiegai il funzionamento della nave che praticamente
non aveva bisogno di carburante in quanto funzionava a Sodio (ricavabile
dall’acqua di mare) e, l’Idrogeno prodotto (Na +2 H2OH --- NaOH +H2 e
H2+O----H2O + energia elettrica) era il fuel del motore. Il processo era
automatico, vi era solo qualche precauzione da tenere in essere. Essi mi
chiesero se potevo essere aggiunto all’impresa come esperto insieme
all’equipaggio per la manovra. Diedi il mio assenso e su questa base ci lasciammo per rivederci dopo sei giorni
esatti. Dopo il periodo prefissato il sottomarino era in superficie accanto ad
una banchina del porto con i portelli aperti. Faceva una magnifica figura
scintillando sulle onde lunghe del mare. Noi tre ci imbarcammo con degli
indiani, malesi e bornesi in numero di 37;
nella nave c’era l’equipaggio originale che fu posto ai miei ordini
mentre il suo stipendio era a carico degli acquisitori. Imbarcati i viveri e le
bevande ci immergemmo a 50 m di profondità, aprimmo le serrande degli oblò e
facemmo rotta verso Mompracem evitando le isole dello stretto di Luzon e ci
inoltrammo nel mare Sud della Cina. La navigazione era rapida e meraviglioso lo
spettacolo sottomarino. La distanza di 640 miglia marine fu percorsa in 21 ore. Quando ci trovammo a 15 miglia da
Mopracem risalimmo a galla e facemmo un’esplorazione dell’isola e dei suoi
dintorni con potenti cannocchiali. Nella baia principale stazionavano 3 incrociatori coi motori accesi, sul lato Sud c’erano
decine di navi in attività mentre si vedevano le fortificazioni
dell’isola rinnovate negli ultimi tempi anche come armamento. Bisognava
sgomberare il mare il più possibile e
poi con i cannoncini e le truppe dare l’assalto alle fortificazioni. Detto
fatto ci immergemmo a 10 m e, con il periscopio su, ci avvicinammo a 2 miglia
dalle navi. Sparammo il primo siluro contro il fianco di uno degli incrociatori
e, nonostante la distanza, l’effetto fu pieno: la nave si inclinò rapidamente,
si udì uno scoppio sordo e la nave si inabissò. La cosa mise in guardia gli
altri due incrociatori che si misero in cappa con ai bordi bombe di profondità.
Sandokan mi chiese che effetto
potrebbero avere sul sottomarino: gli assicurai che per il sommergibile non
c’erano problemi, ma potevano essercene
per l’equipaggio sottoposto alle onde d’urto. Fu deciso quindi di
attaccare le navi a Sud mediante speronamento e siluri. Nel giro di 3 ore la
faccenda fu conclusa col risultato che
6 navi lottavano per stare a galla. Ritornammo rapidamente nella baia ed
avvicinandoci lanciammo un siluro da Sud che provocò un grosso squarcio nel
fianco dell’incrociatore e vedemmo le onde del mare precipitarsi nello scafo.
La nave si inclinò imbarcando acqua e cominciò ad affondare. L’ultimo
incrociatore corse in aiuto al primo, raccogliendo i superstiti. Furono
lanciate bombe di profondità ma, essendo noi lontani, non fecero molto effetto.
Restavano 8 navi a Sud più un incrociatore nella baia. Fu tenuto un consiglio
di guerra e fu deciso di lasciare in pace le navi a Sud e di concentrare gli
sforzi per eliminare l’incrociatore superstite, per poi dare l’attacco alle
fortificazioni.
Non era semplice dare l’attacco
all’incrociatore, che stava in guardia, inoltre il fondo della baia era
ingombro di navi affondate impedendo al sottomarino di muoversi agevolmente.
Fu, quindi, deciso di modificare l’innesco di due siluri le cui cariche vennero
risposate in modo che, dopo l’impatto, si accendesse una massa di termite
capace di fondere qualsiasi tipo di acciaio dando modo così alle cariche
esplosive di penetrare più a fondo. Ci spostammo a circa un miglio di
distanza su un fondale inclinato che
aiutasse un tiro dal basso dei siluri per colpire nella carena l’incrociartore.
Sparammo il primo siluro e dopo 20 secondi il secondo l’effetto fu più
spettacolare di quanto previsto. L’incrociatore esplose in una nube di fuoco e
di frammenti. La via alle kotte era sgombrata. Intanto al largo sottovento una
flottiglia di prahos si avvicinava con immense vele gonfie di vento. Dopo circa
un’ora il sottomarino, ora in superficie, e la flottiglia si erano congiunti.
Un colosso scese sulla tolda del sommergibile e seppi che il suo nome era
Sambigliong. Le due persone che seppi erano le Tigri di Mompracem,
abbracciarono il colosso e cominciò uno
scambio di rapide informazioni.
"Tigre," - disse Sambigliong - "come d’accordo
ti ho portato 850 tigrotti armati di
tutto punto e 50 negritos con le loro
sumpitans al comando di Giro Batol."
"Benissimo", - disse Sandokan - "io verrò con voi al lato Sud di Mompracem
ed attaccheremo da quella parte, una parte resterà con Yanez ed appoggiata dai
cannoncini attaccherà dalla baia."
A me, a dire il vero, tremavano le gambe, ma
non mi tirai indietro. Cominciammo un tiro rapido con i cannoncini nei dintorni
delle kotte per snidare gli occupanti ed un magnifico tiro di Yanez mise fuori
uso l’arma principale di difesa. Sbarcammo verso l’una del pomeriggio e furono
formate tre colonne di malesi, d’indiani e di negritos. Con precauzione furono
attraversati i 150 m di spiaggia senza che un colpo di fucile venisse sparato.
Ci inoltrammo quindi nella boscaglia fatta di mangifire, alberi di tek, palme,
baobab e casuarine. Io stavo nella retroguardia, a buon conto, e dopo 30 minuti
di marcia faticosa, resa più agevole dai parangs usati senza parsimonia, si
sentirono le prime fucilate ed i primi gridi di agonia dei colpiti dall’upas
delle sumpitang. Anche la nostra fucileria faceva a gara con i colpi lontani
che si udivano a Sud, delle bande di Sandokan. La nostra marcia non incontrava
una grande resistenza in quanto la guarnigione doveva essere non numerosa a
causa della presenza protettrice delle navi che chiudevano il mare ad eventuali
assalitori. Dopo 2 ore il villaggio e
la kotta principale erano in mano nostra. Anche il resto dell’isola era stata
liberata. I prigionieri furono imbarcati su un praho e portati sulle navi a
Sud.
La sera, dopo che gli abitanti
si erano radunati, la bandiera rossa con l’immagine della tigre campeggiava sul
pennone della kotta. Allora cominciarono le feste dopo che Sandokan,
visibilmente commosso, aveva rincuorato tutti, dicendo “ora e sempre, finchè
resteremo vivi, non sarà più offeso”.
Nell’ampio salone circolare era
preparata una tavolata anch’essa circolare imbandita con arrosti, verdure,
frutta nonché vini e liquori in abbondanza. Al centro delle bellissime indiane
e siamesi facevano danze sensuali che narravano i racconti kamasutrani,
mahayani, ramayani e rimpotangi. Scorsi una graziosissima brunetta con occhi
neri come pozzi di stelle la pelle era bruna e vestiva un sari senza nulla
sotto.
Mi avvicinai a lei, e ci
piacemmo dopo che le recitai brani di
poesie del cinquecento italiano, del periodo classico greco ed iraniani. Ci
spostammo sulla rena sotto la lucente luna e svestiti facemmo eros nell’acqua
ed agape con le nuttiline. Dopo, esausti, ci stendemmo sulla rena a guardare le
stelle, quindi andammo a dormire accompagnati dal suono dei sitar e dei cori
malesi, dopo aver salutato Sandokan, perso nei ricordi di Marianna e Yanez
che fumava beatamente abbracciato al
compagno.
Per non andar per le
lunghe il giorno dopo ricevetti un
assegno di mezzo milione di sterline, la mia amichetta un diadema di diamanti
ed un serto di zaffiri ed io anche un cofanetto di pietre preziose. Un praho,
su mia richiesta, mi accompagnò in India, perchè volevo partecipare al
khumbalena.Il viaggio per mare fu un ricordo che ancora mi commuove, con le
folaghe ed i gabbiani sul pennone, noi che aggrappati ad una gomena ballavamo
nella scia del praho e la piccola comunità della barca degna di Alceo. Arrivati
in India assistemmo alle cerimonie e conobbi un guru alla cui scuola mi
iscrissi. Dopo una settimana cominciammo un viaggio che terminò in Khamshir,
dove con i soldi comprai un cottage in riva ad un lago incantato e lì ci
sistemammo
E dove potrete
incontrarci se vorrete.
FINE